Aristotele
A proposito del piacere

Basti dunque quanto s'è detto sulle opinioni intorno al piacere e al dolore; quali siano invece la natura e il carattere del piacere, può divenir più evidente se riprendiamo da capo la questione. L'atto del vedere, come sembra, è perfetto in un momento (infatti esso non manca di nulla che gli si aggiunga in più per rendere perfetta la sua forma): tale sembra essere anche il piacere. Esso infatti è una totalità intera e in nessun periodo di tempo si potrebbe trovare un piacere la cui forma diventi più perfetta se se ne prolunga il tempo. Perciò il piacere non è neppure movimento. Infatti ogni movimento, come ad esempio la costruzione di una casa, si svolge nel tempo e in vista di un dato fine ed è perfetto quando abbia compiuto ciò a cui mira o nell'intero suo periodo di tempo o nel momento finale; i movimenti parziali, invece, nei loro singoli momenti sono tutti imperfetti e sono diversi dal movimento completo e diversi tra di loro. Ad esempio la sistemazione delle pietre è cosa diversa dalla scanalatura delle colonne, ed entrambe le cose sono diverse dall'intera costruzione del tempio; la costruzione del tempio è cosa perfetta (infatti in essa non manca nulla per lo scopo proposto), invece quella del piedistallo e quella triglifo è imperfetta (entrambe atti sono costruzioni di parti). Esse dunque differiscono per la specie e non è possibile in qualsiasi momento del movimento cogliere il movimento perfetto, bensì, se mai, nell'intero movimento. Altrettanto è anche del camminare e degli altri movimenti. Se infatti la traslazione è un movimento da un luogo a un altro, anche di essa vi sono però differenze a seconda delle sue specie, quali il volare, il camminare, il saltare e simili; e non solo vi sono queste differenze, ma ve ne sono anche nello stesso camminare. Infatti il movimento da un luogo a un altro non è lo stesso per lo stadio e per una parte di esso, e non è lo stesso in una parte e nell'altra, né è lo stesso l'attraversare questa linea oppure quella. Infatti non si tratta solo di attraversare una linea, bensì anche una linea che si trova in un dato luogo, il quale è diverso da quello di un'altra. Ma del movimento si è trattato con esattezza altrove ed è evidente che esso non è perfetto in ogni momento, bensì numerosi movimenti sono imperfetti e differiscono per specie, se pur l'andare da un luogo a un altro ha una sua specie particolare. Invece la forma del piacere è perfetta in qualsiasi momento. E' evidente dunque che movimento e piacere devono essere cose diverse tra loro e che il piacere appartiene alle cose complete e perfette. Ciò può risultare anche dal fatto che non è possibile muoversi se non in un certo periodo di tempo, mentre così non è del piacere: infatti esso si sente tutto intero già in un solo instante. Da ciò è evidente anche che non giustamente dicono che il piacere è movimento o cosa che si genera. Infatti il movimento e la generazione non si possono attribuire a tutte le cose, bensì solo a quelle divisibili in parti e non intere; infatti neppure dell'atto del vedere, né del punto, né della monade v'è generazione, né alcuna di queste cose è movimento o generazione; quindi altrettanto è del piacere, in quanto è qualcosa di completo.
Siccome ogni sensazione esercita la sua attività rispetto a un sensibile, essa si attuerà perfettamente quando è in buona disposizione rispetto al più eccellente degli oggetti che cadono sotto la sensazione; tale sembra essere soprattutto l'attività perfetta (e non faccia alcuna differenza tra il dire che la sensazione è in attività o che lo è ciò in cui essa si trova); in ogni cosa dunque l'attività migliore sarà quella che si esplica quando si ha la miglior disposizione verso ciò che è l'oggetto migliore che cade sotto di essa: questa sarà dunque la migliore e la più piacevole. Infatti vi è piacere in rapporto a ogni sensazione e altrettanto in rapporto a ogni razionalità e contemplazione; e l'attività più piacevole è la più perfetta, e la più perfetta è quella di chi è ben disposto rispetto all'oggetto più eccellente che cade sotto quell'attività. Il piacere inoltre rende perfetto l'atto; e lo rende perfetto non nello stesso modo suddetto in cui lo rendono perfetto l'oggetto sensibile e la sensazione, quando sono eccellenti; così come neppure la salute e il medico sono nello stesso modo causa dell'esser sani. E' quindi chiaro che in corrispondenza di ogni sensazione sorge il piacere; infatti diciamo che il vedere e l'ascoltare sono cose piacevoli. Ma è chiaro anche che sono sommamente piacevoli allorché la sensazione è la migliore e si attua sull'oggetto migliore; quando il senziente e il sentito sono tali, vi sarà sempre piacere, essendo presenti sia chi lo deve produrre sia chi lo deve provare. Il piacere poi perfeziona l'attività non come una disposizione conseguita, bensì come un perfezionamento che vi si aggiunge, come ad esempio la bellezza per quelli che sono nel fiore della giovinezza; vi sarà dunque piacere nell'attività finché sia l'oggetto pensabile o sensibile sia ciò che discerne o contempla siano come devono essere; infatti sorgerà lo stesso risultato finché rimarranno uguali e si comporteranno nello stesso modo sia l'essere che prova il piacere che quello che lo provoca. Perché dunque nessuno prova piacere di continuo? forse perché si stanca? Infatti tutto ciò che è umano non può esercitare un'attività di continuo. E neppure ciò può essere bel piacere: esso infatti segue dall'attività. Alcune cose ci fanno piacere perché sono nuove, ma, proprio per questo, in seguito non ci fanno più altrettanto piacere; infatti da principio la razionalità è eccitata da esse ed esercita intensamente la sua attività intorno ad esse, come, per quanto riguarda la vista, coloro che guardano con attenzione; poi invece l'attività non resta la stessa, bensì si attenua, e per questo anche il piacere si dilegua. Si potrebbe credere che tutti desiderano il piacere perché tutti mirano a vivere e la vita è, in certo modo, un'attività e ciascuno è attivo riguardo a quelle cose e con quelle facoltà, ch'egli soprattutto preferisce; ad esempio il musico è attivo con l'udito riguardo alle melodie, l'amante del sapere è attivo con la razionalità intorno alle cose speculative, e così anche ciascun altro nelle altre cose. E il piacere perfeziona le attività e quindi quel modo di vita a cui ciascuno aspira. Logicamente, dunque si aspira al piacere: esso infatti perfeziona a ciascuno la vita, il che è cosa desiderabile. Tralasciamo poi per ora la questione se noi scegliamo di vivere per il piacere o scegliamo il piacere per vivere. Infatti il piacere e la vita appaiono collegati e non è possibile separarli; infatti senza attività non sorge il piacere e il piacere perfeziona ogni attività.

Aristotele, Etica Nicomachea, 10, 4, 1174a 11-1175a 22, traduzione di Armando Plebe in Aristotele, Opere, vol. VII, Laterza, Bari 1973, pp. 253-6

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