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In sintesi dunque, sono quattro i punti che Plutarco cerca di inculcare ai principi: il rispetto di Dio, il riguardo verso se stessi, le capacità amministrative e di governo, l'amore e la protezione dei sudditi. Egli afferma, in primo luogo, che bisogna onorare Dio; in secondo luogo che ciascuno deve avere riguardo per sé, così da saper tenere il proprio vaso in santità e onore, secondo quanto pensa l'Apostolo (benché Plutarco non lo conoscesse), in modo che la conduzione di tutta la casa sia informata dalla sapienza di chi ne sta a capo, e che l'intera comunità dei sudditi possa gioire dell'incolumità del proprio capo.
Plutarco si avvale degli aneddoti e degli stratagemmi di uomini illustri. Se io li inserissi uno ad uno, risulterebbero noiosi per il lettore, ed in parte, non sarebbero in sintonia con 1a sincerità della mia fede. Comunque, poiché i santi padri e le leggi dei principi sembrano seguire le tracce di questo pagano, salvo che nell'infedeltà, citerò succintamente la sua dottrina con un linguaggio conforme alla legge cattolica, avvalendomi di una parte dei suoi esempi. Plutarco inizia con il rendere omaggio agli dei, mentre noi iniziamo con il porgerlo a Dio, che deve essere da tutti amato con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze. Ma questo amore va dimostrato nelle opere; e sebbene Dio possa essere amato per Se stesso, in quanto senza il soccorso di un intermediario Egli può infondersi in chi Lo ama, tuttavia al culto esteriore è necessario l'intervento di qualche mezzo, dal momento che nessuno ha mai veduto Dio.
Ma il termine "vedere" può estendersi a significare tutti i sensi, di entrambe le specie; perché l'uomo, finché è in vita, non può avere di Lui una conoscenza sensibile diretta e pura, se non forse con quella parte dei sensi che non conosce le limitazioni del corpo né risente dello svanire del tempo, ma in eterno rimane nella sua vitalità per mezzo della Grazia. Sto parlando della carità, che non diminuisce, ma si incrementa quanto più intimamente si avvicina all'oggetto del desiderio. Infatti la fede porta un velo e la speranza estende al futuro la consapevolezza dello stimolo della Grazia e del merito, con l'accarezzare la gioia del suo desiderio. Perciò fede e speranza imitano in un certo modo i sensi, tuttavia esse sussistono operando in questa vita provvisoriamente attraverso uno specchio ed in enigma finché, mutata la loro specie, saranno pienamente illuminate dalla sostanza della verità. Ma Colui che non può essere chiaramente colto dai sensi, non può essere facilmente conosciuto; e poiché non Lo si conosce, non Lo si può convenientemente adorare, se non attraverso un mezzo.
Leggiamo infatti che Numa Pompilio introdusse in Roma certe cerimonie e sacrifici per diffondere più facilmente fra i suoi sudditi, con il pretesto degli dèi immortali, il culto della pietà religiosa, della fede e degli altri valori che egli intendeva far conoscere loro. Comprovano ciò gli scudi sacri e la statua di Palladio, sacri pegni del potere imperiale; il Giano bifronte, arbitro della guerra e della pace; il fuoco di Vesta, che, custode dell'impero, in onore delle stelle del cielo, era perennemente vegliato dalle vergini a lui consacrate. A tal fine Numa Pompilio divise l’anno in dodici mesi, distinguendo i giorni in cui si poteva amministrare la giustizia da quelli in cui non la si poteva amministrare; e tramite i pontefici, gli auguri, e vari riti sacerdotali ostacolava la barbarie, nel tentativo di limitare le sopraffazioni e l'uso delle armi, di far praticare la giustizia, e di infondere in ciascuno il senso civico. In questo modo egli ricondusse alla disciplina un popolo feroce, affinché il potere supremo, che -come si suol dire- era detenuto dalla forza e dalla violenza, governasse felicemente con le leggi della giustizia e della pietà. Ma perché parlo di Numa, quando anche i padri della nostra fede affermano che i sacrifici dell'antica legge furono istituiti perché il popolo, impegnato nel culto della vera religione, non apprendesse quello dei demoni, facendo loro sacrifici alla maniera dei pagani, anziché a Dio?
Dunque si può adorare Dio o con il sentimento -che è disposizione della mente- o con la pratica delle buone opere. Ma il sentimento di amore Lo coglie direttamente, anche se è impossibile comprenderlo in tutta la Sua pienezza con l'ausilio di un qualche senso corporeo o anche dell'anima, finché essa vaga lontana dal Signore e la mente è schiacciata dal peso del corpo; e certo quanto più ardentemente si ama Dio e quanto più diligentemente Lo si ricerca, quanto più la profondità e l'immensità della Sua ricchezza, potenza e sapienza superano ogni capacità di comprensione. D'altra parte Egli circonda, penetra, colma e protegge a tal punto ogni creatura che a nessuna, fra quelle razionali, può risultare del tutto ignoto; e le stesse creature irrazionali, attraverso una moltitudine di indizi, rendono testimonianza della Sua esistenza, della Sua natura e della Sua grandezza. Casa, in modo mirabile, Egli si manifesta mentre si nasconde, e si nasconde mentre si manifesta; e secondo la misura della sua benevolenza, opera in ogni individuo in modo tale che anche se con l'essenza riempie tutte le creature in modo uniforme, pur non essendo suscettibile di alcun incremento o decremento, sembra essere più presente in alcune e meno in altre can la Grazia. Infatti sappiamo per fede che Egli è in completa unione solo con l’Unigenito Figlio della Vergine; e così ora Egli è uno in ogni uomo, ma -come sta scritto- sarà tutto in tutti i suoi eletti .
Come la natura della luce del sole -per usare una similitudine impropria, in quanto nulla gli può essere convenientemente paragonato- produce effetti differenti su differenti corpi, così Dio -se è lecito comparare ciò che è grande al più grande di tutto- risplende in svariati modi nelle varie creature. Quando un raggio di sole attraversa un rubino, ne esce o ne è riflesso in rosso, rendendo del medesimo colore l'aria circostante. Analogamente quando cade su di uno smeraldo diventa verde; nello zaffiro assume invece il colore del cielo più sereno -o se si vuole quello del giacinto-; mentre nel topazio, pietra tanto più preziosa quanto più è rara, brilla del colore di quasi tutte le cose. Se poi gli si pone di frante Iride, esso rifletterà Taumante; proiettato sull'acqua ondeggia sul soffitto, mentre, attraverso il berillio, rimanda la luce del cielo sulla terra. Ecco dunque i molteplici effetti che un raggio luminoso produce in diversi elementi.
Allo stesso modo alcuni uomini posseggono la prudenza, altri la fortezza, altri la temperanza, altri la giustizia, altri -non pochi- la fede, altri la longanimità della speranza, altri l'ardore della carità, altri la sopportazione della fatica, altri la consolazione dei dolori, altri ancora la perseveranza delle buone opere: e benché tutte queste virtù si trovino singolarmente in ogni singolo individuo, Dio è uno e sempre uguale a Se stesso. Tuttavia in futuro, quando per mezzo della Grazia Lo vedremo direttamente com’è, sarà tutto in tutti; allora a nessuno mancherà la sostanza della virtù per la propria beatitudine, poiché Egli sarà pienezza di virtù e somma di ogni beatitudine in tutti. Cosicché, secondo la tradizione dei Padri, Si renderà manifesto ai Suoi eletti in tutta la pienezza della Sua maestà: e ad essi non mancherà alcuna grazia, Egli stesso sarà visibile in loro, e saranno considerati nel Suo nome, pur rimanendo intatti nella verità della loro sostanza e senza alcuni cambiamento della loro natura. Da qui il salmo: "Esultino i santi nella gloria e si rallegrino sui loro giacigli"; poiché allora i cuori dei santi saranno aperti l'uno all'altro, e ciascuno si glorificherà non solo nella propria coscienza, ma anche in quella di tutti gli altri.
Per avvalersi di nuovo della similitudine usata sopra, proprio come il fuoco penetra la natura del ferro e lo riscalda finché in esso non si può distinguere null'altro che il fuoco, e proprio come il raggio di sole che illumina l'aria è indicata con il nome di sole o raggio, così Dio riempirà di Sé ogni eletto; affinché, rimossa da loro ogni infermità ed ogni cambiamento e rivestito di immortalità ciò che era mortale e di incorruttibilità ciò che era incorruttibile, possa farsi riconoscere Lui solo in ognuno. In base a questa concezione alcuni ritengano che, sebbene non sia affatto lecito che una creatura sia adorata da un'altra creatura, gli angeli, che già partecipano della nostra futura beatitudine, sano adorati dagli uomini quando appaiano loro poiché in essi è visibile una certa presenza della divinità. Così anche nel volto del Salvatore risplendette qualcosa di divino quando, fattosi una frusta con delle cordicelle, scacciò dal tempio mercanti e compratori, volendo così indicare che ogni commercio deve essere bandito dalla casa di preghiera.
Tuttavia, benché sia in qualche modo anche negli altri uomini, la Divinità non vi è mai presente nella Sua pienezza, pur non potendosi celare del tutto. Essa dunque si manifesta meravigliosa nella maestà, venerabile nella sapienza, degna d'amore nella bontà; e la creatura fedele può adorarla senza bisogno di alcun intermediario. Che cosa è più necessario a tal fine del nostro timore, della nostra venerazione e del nostro amore per Dio? Proprio questo è forse il significato della fune a triplice intreccio tesa fra Creatore e creatura, fune che non può esser sciolta facilmente. Il legame più solido, comunque, è la forza dell'amore: infatti la carità non viene mai meno. Se un uomo si accosta a Dio nella carità, si unisce a Lui e con Lui forma un solo Spirito; e chi Gli è unito in modo da formare un solo spirito, diviene un servitore della Sua casa e non può esimersi da quell'obbedienza che è nello spirito. Ma il culto che consiste nella manifestazione delle opere esteriori richiede un intermediario, poiché con il corpo non abbiamo accesso allo spirito, come è chiaramente insegnato da Colui che, incontrata la Samaritana, disse ad edificazione della Chiesa: "Dio è Spirito, e quanti lo vogliono adorare devono adorarlo in spirito e verità ".
Tuttavia, per far sì che nella debolezza della nostra umiltà giungessimo al Suo trono ed avessimo qualche materia di merito Egli, che ci diede i sensi e che glorificherà sia la nostra anima sia la nostra carne, desiderò essere adorato con i sensi e chiese di essere fedelmente servito sia dall'anima sia dalla carne: volle infatti essere onorato anche dal corpo affinché l'ottusità derivante dall'infedeltà o dalla negligenza, per grande che sia, non possa accampare scuse.
Giovanni di Salisbury, Policraticus, l. V, c. 3, Jaka Book, Milano 1985