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Quando dunque diciamo che il piacere è un bene, non alludiamo affatto ai piaceri dei dissipati che consistono in crapule, come credono alcuni che ignorano il nostro insegnamento o lo interpretano male; ma alludiamo all’assenza di dolore nel corpo, all’assenza di perturbazione nell’anima. Non dunque le libagioni e le feste ininterrotte, né il godersi fanciulli e donne, né il mangiare pesci e tutto il resto che una ricca mensa può offrire è fonte di vita felice; ma quel sobrio ragionare che scruta a fondo le cause di ogni atto di scelta e di rifiuto, e che scaccia le false opinioni, per via delle quali grande turbamento s’impadronisce dell’anima.
Principio di tutto ciò e massimo bene è la saggezza. Perciò la saggezza appare ancor più apprezzabile che la filosofia, giacché da essa provengono tutte le altre virtù, in quanto essa ci insegna che non è possibile vivere piacevolmente se non vivendo saggiamente e bene e giustamente,
Esercitati notte e giorno nella meditazione di questi precetti, e di altri a questi simili, in te stesso e verso chi è simile a te: forte di essi, sarai libero da turbamento sia nel sonno che nella veglia, e vivrai come un dio fra gli uomini. Poiché in niente è simile a un mortale l’uomo che viva fra beni immortali.
Epicuro, Lettera a Meneceo, 131-135, in Opere di Epicuro, a cura di M. Isnardi Parente, UTET Torino 1974