Cicerone, Diogene Laerzio, Quintiliano, Sesto Empirico, Stobeo
La rappresentazione catalettica in Zenone di Cizio

Anche l'oggetto della comprensione del senso, lui lo chiamava sensazione.

Cicerone, Academica posteriora, I 41, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998



A proposito di Zenone e dei suoi seguaci. Dicono che i concetti non sono né un qualcosa che è, né una qualità, ma, per così dire, delle rappresentazioni dell'anima con un certo grado di essere e con certe qualità. A queste stesse realtà gli antichi davano il nome di idee. Infatti le idee sono quel tipo di realtà che rientra nel novero dei concetti, come ad esempio le idee di 'uomini' e di 'cavalli', insomma di tutte quelle cose, animali o altro ancora, quante si dice che siano idee. I filosofi stoici sostengono che esse non hanno esistenza autonoma ma che siamo noi uomini ad avere concetti. Dei casi, invece, che loro chiamano "nomi', dicono che possono esistere.

Stobeo, Eglogae, I, 21, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998



Il concetto è un'immagine della mente, che non è un qualcosa di reale né una qualità in senso pieno, ma solo in un certo senso: ad esempio, la figura di un cavallo può sorgere anche se il cavallo non c'è.

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII 61, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Ma fu in quella terza parte della filosofia che Zenone portò i più cospicui cambiamenti. In questa, dapprima, introdusse novità nel campo stesso dei sensi. Infatti stabilì che essi sono toccati da una certa qual impressione che giunge dal di fuori, e che gli Stoici chiamano fantasia, mentre noi visum, cioè rappresentazione.

Cicerone, Academica posteriora, I 40, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Bisogna dare ascolto a Zenone quando dice che la rappresentazione è un'impronta sull'anima...

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII 236, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


La rappresentazione catalettica è quella che proviene da ciò che ha reale esistenza e che è risultato dell'impronta e dell'impressione di ciò che è veramente; e d'altra parte non avrebbe i caratteri che ha se provenisse da qualcosa che non c'è.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII 248, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Zenone non concedeva la fiducia a tutte le rappresentazioni, ma solo a quelle che portavano, per così dire, le credenziali proprie degli oggetti visti. Inoltre, l'oggetto della rappresentazione, essendo colto di per sé, lo chiamava 'comprensibile' -me lo concedete questo termine? Senz'altro, disse, in quale altro modo si potrebbe tradurre cataleptón? -. La rappresentazione, una volta accettata e approvata, la chiamava "comprensione", per analogia con quelle realtà che si prendono con le mani. Ecco da dove viene questo termine, che prima di allora non era mai stato usato in tale accezione. Abitualmente egli faceva uso di parecchie parole nuove; e d'altra parte diceva cose nuove. Chiamava sensazione ciò che era colto dai sensi; e se ciò era appreso in maniera tale da resistere al vaglio del ragionamento, lo chiamava scienza, altrimenti non-scienza Da quest'ultima trae origine anche l'opinione, che è precaria, che ha tratti in comune con ciò che è non vero o non conosciuto. Fra la scienza e la non-scienza collocava quella rappresentazione di cui ho detto, e pur non annoverandola né fra le cose buone né fra quelle cattive, diceva che solo ad essa si doveva credere. Poi però dava fiducia anche ai sensi, per il fatto che, come ho già detto, la comprensione che origina dai sensi, per lui era vera e oggettiva, non perché esaurisse tutti i caratteri che sono nella cosa, ma perché non perde alcun dato di quel che sono di sua pertinenza; ragione per cui la natura ce l'ha data come suo principio e criterio della scienza. In seguito, dalla sensazione si imprimono nelle anime le nozioni delle cose, grazie alle quali non solo si mostra della ricerca razionale. Egli dunque rimuoveva dal campo della virtù e della saggezza, non solo l'errore, ma anche la precipitazione nel giudizio, l'ignoranza, l'approssimazione, insomma tutto ciò che non ha a che fare con un assenso stabile e costante.

Cicerone, Academica posteriora, I 41, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Zenone aggiunge alle cose che sono viste dai sensi e quasi accolte da essi l'assenso, che egli considera interiore a noi stessi e volontario.

Cicerone, Academica posteriora, I 40, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Zenone infatti nega... che voi abbiate una qualche conoscenza. E come? potresti dire. Noi difendiamo la tesi che perfino l'insipiente può comprendere molte cose. Eppure negate che qualcuno al di fuori del saggio possa conoscere qualcosa. Zenone traduceva questo in un gesto. Infatti quando mostrava la palma della mano con le dita aperte, diceva: "Ecco la rappresentazione!". Poi, con le dita un po' piegate diceva: "ecco l'assenso!". Infine, col pugno completamente chiuso, affermava che quella era la comprensione. Ed è prendendo lo spunto da questo esempio che diede il nome di catalessi a questa realtà fino ad allora inesistente. In seguito avvicinava la mano sinistra, e stringendo nel dovuto modo e con forza il pugno, affermava che questa era la scienza, su cui nessuno, tranne il saggio, ha potere.

Cicerone, Academica priora, II 144, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


L'opinione è un assenso labile e non veritiero.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 151, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


… e se ciò era appreso in maniera tale da resistere al vaglio del ragionamento, lo chiamava scienza, altrimenti non-scienza.

Cicerone, Academica posteriora, I 41, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


La scienza è una comprensione sicura e a prova di confutazione. L'ignoranza è una comprensione insicura e facilmente sovvertibile.

Stobeo, Eglogae, II, 19 e 20 W, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


La scienza è una comprensione salda, sicura non confutabile attraverso il ragionamento.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 151, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Definiscono la scienza o come una comprensione salda, o come un'attitudine ad accogliere le rappresentazioni in grado di resistere alle argomentazioni confutative.

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII 47, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


... la scienza e l'opinione e nel bel mezzo di esse trova posto la comprensione … la comprensione, appunto è intermedia fra queste.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 151, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Ogni arte è un sistema di comprensioni che coll'esercizio concorrono insieme e fanno riferimento ad un fine utile per la vita.

Sesto Empirico, Contro i matematici, II, 10, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Ecco la definizione stoica dell'arte: l'arte è un sistema, inerente all'anima di comprensioni che coll'esercizio concorrono insieme...

Sesto Empirico, Contro i matematici, III, 188, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


Quella definizione che gode della quasi universale approvazione: l'arte consta di percezioni che coll'esercizio concorrono insieme ad un fine utile alla vita.

Quintiliano, L'istituzione oratoria, II 17, 41, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998


... e a partire dalle cose percepite, collegandole fra di loro e comparandole, costituiamo anche le arti, in certa misura necessarie all'uso della vita.

Cicerone, De natura deorum, II, 148, traduzione in Roberto Radice, Stoici antichi, Rusconi, 1998

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