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TIMEO Ma tutti, o Socrate, anche se poco assennati, nel tentare qualsiasi impresa, o piccola o grande, sempre invocano qualche dio. E noi che stiamo per parlare dell’universo, com’è nato o se anche è senza nascimento, se proprio non deliriamo, è necessario che, invocando gli dei e le dee, li preghiamo che ci facciano dire ogni cosa soprattutto secondo il loro pensiero e anche coerentemente a noi stessi. E così siano invocati gli dei: ma bisogna invocare anche l’opera nostra, affinché molto facilmente voi apprendiate e io pienamente vi dichiari quel che penso degli argomenti proposti. Prima di tutto, secondo la mia opinione, si devono distinguere queste cose. Che è quello che sempre è e non ha nascimento, e che è quello che nasce sempre e mai non è? L’uno è apprensibile dall’intelligenza mediante il ragionamento, perché è sempre nello stesso modo; l’altro invece è opinabile dall’opinione mediante la sensazione irrazionale, perché nasce e muore, e non esiste mai veramente. Tutto quello poi che nasce, di necessità nasce da qualche cagione, perché è impossibile che alcuna cosa abbia nascimento senza cagione. Ora, quando l’artefice, guardando sempre a quello che è nello stesso modo e giovandosi di così fatto modello, esprime la forma e la virtù di qualche opera, questa di necessità riesce tutta bella: non bella, invece, se guarda a quel ch’è nato, giovandosi d’un modello generato. Dunque, intorno a tutto il cielo o mondo o, se voglia chiamarsi con altro nome, si chiami pure così, conviene prima considerare quel che abbiamo posto che si deve considerare in principio intorno ad ogni cosa, se cioè è stato sempre, senz’avere principio di nascimento, o se è nato, cominciando da un principio. Esso è nato: perché si può vedere e toccare ed ha un corpo, e tali cose sono tutte sensibili, e le cose sensibili, che son apprese dall’opinione mediante la sensazione, abbiamo veduto che sono in processo di generazione e generate. Noi poi diciamo che quello ch’è nato deve necessariamente esser nato da qualche cagione. Ma è difficile trovare il fattore e padre di quest’universo, e, trovatolo, è impossibile indicarlo a tutti. Pertanto questo si deve invece considerare intorno ad esso, secondo qual modello l’artefice lo costruì: se secondo quello che è sempre nello stesso modo e il medesimo, o secondo quello ch’è nato. Se è bello questo mondo, e l’artefice buono, è chiaro che guardò al modello eterno: se no, – ciò che neppure è lecito dire, – a quello nato. Ma è chiaro a tutti che guardò a quello eterno: perché il mondo è il più bello dei nati, e dio il più buono degli autori. Il mondo così nato è stato fatto secondo modello, che si può apprendere con la ragione e con l’intelletto, e che è sempre nello stesso modo. E se questo sta così, è assoluta necessità che questo mondo sia immagine di qualche cosa. Ora in ogni questione è di grandissima importanza il principiare dal principio naturale: così dunque conviene distinguere fra l’immagine e il suo modello, come se i discorsi abbiano qualche parentela con le cose, delle quali sono interpreti. Pertanto quelli intorno a cosa stabile e certa e che risplende all’intelletto, devono essere stabili e fermi e, per quanto si può, inconfutabili e immobili, e niente di tutto questo deve mancare. Quelli poi intorno a cosa, che raffigura quel modello ed è a sua immagine, devono essere verosimili e in proporzione di quegli altri: perché ciò che è l’essenza alla generazione, è la verità alla fede. Se dunque, o Socrate, dopo che molti han detto molte cose intorno agli dei e all’origine dell’universo, non possiamo offrirti ragionamenti in ogni modo seco stessi pienamente concordi ed esatti, non ti meravigliare; ma, purché non ti offriamo discorsi meno verosimili di quelli di qualunque altro, dobbiamo essere contenti, ricordandoci che io che parlo e voi, giudici miei, abbiamo natura umana: sicché intorno a queste cose conviene accettare una favola verosimile, né cercare più in là. SOCRATE. E ora è ufficio tuo, o Timeo, di cominciare, dopo aver invocati, com’è costume, gli dèi. TIMEO Ma tutti, o Socrate, anche se poco assennati, nel tentare qualsiasi impresa, o piccola o grande, sempre invocano qualche dio. E noi che stiamo per parlare dell’universo, com’è nato o se anche è senza nascimento, se proprio non deliriamo, è necessario che, invocando gli dei e le dee, li preghiamo che ci facciano dire ogni cosa soprattutto secondo il loro pensiero e anche coerentemente a noi stessi. E così siano invocati gli dei: ma bisogna invocare anche l’opera nostra, affinché molto facilmente voi apprendiate e io pienamente vi dichiari quel che penso degli argomenti proposti. Prima di tutto, secondo la mia opinione, si devono distinguere queste cose. Che è quello che sempre è e non ha nascimento, e che è quello che nasce sempre e mai non è. L’uno è apprensibile dall’intelligenza mediante il ragionamento, perché è sempre nello stesso modo; l’altro invece è opinabile dall’opinione mediante la sensazione irrazionale, perché nasce e muore, e non esiste mai veramente. Tutto quello poi che nasce, di necessità nasce da qualche cagione, perché è impossibile che alcuna cosa abbia nascimento senza cagione. Ora, quando l’artefice, guardando sempre a quello che è nello stesso modo e giovandosi di così fatto modello, esprime la forma e la virtù di qualche opera, questa di necessità riesce tutta bella: non bella, invece, se guarda a quel ch’è nato, giovandosi d’un modello generato. Dunque, intorno a tutto il cielo o mondo o, se voglia chiamarsi con altro nome, si chiami pure così, conviene prima considerare quel che abbiamo posto che si deve considerare in principio intorno ad ogni cosa, se cioè è stato sempre, senz’avere principio di nascimento, o se è nato, cominciando da un principio. Esso è nato: perché si può vedere e toccare ed ha un corpo, e tali cose sono tutte sensibili, e le cose sensibili, che son apprese dall’opinione mediante la sensazione, abbiamo veduto che sono in processo di generazione e generate. Noi poi diciamo che quello ch’è nato deve necessariamente esser nato da qualche cagione. Ma è difficile trovare il fattore e padre di quest’universo, e, trovatolo, è impossibile indicarlo a tutti. Pertanto questo si deve invece considerare intorno ad esso, secondo qual modello l’artefice lo costruì: se secondo quello che è sempre nello stesso modo e il medesimo, o secondo quello ch’è nato. Se è bello questo mondo, e l’artefice buono, è chiaro che guardò al modello eterno: se no, – ciò che neppure è lecito dire, – a quello nato. Ma è chiaro a tutti che guardò a quello eterno: perché il mondo è il più bello dei nati, e dio il più buono degli autori. Il mondo così nato è stato fatto secondo modello, che si può apprendere con la ragione e con l’intelletto, e che è sempre nello stesso modo. E se questo sta così, è assoluta necessità che questo mondo sia immagine di qualche cosa. Ora in ogni questione è di grandissima importanza il principiare dal principio naturale: così dunque conviene distinguere fra l’immagine e il suo modello, come se i discorsi abbiano qualche parentela con le cose, delle quali sono interpreti. Pertanto quelli intorno a cosa stabile e certa e che risplende all’intelletto; devono essere stabili e fermi e, per quanto si può, inconfutabili e immobili, e niente di tutto questo deve mancare. Quelli poi intorno a cosa, che raffigura quel modello ed è a sua immagine, devono essere verosimili e in proporzione di quegli altri: perché ciò che è l’essenza alla generazione, è la verità alla fede. Se dunque, o Socrate, dopo che molti han detto molte cose intorno agli dei e all’origine dell’universo, non possiamo offrirti ragionamenti in ogni modo seco stessi pienamente concordi ed esatti, non ti meravigliare; ma, purché non ti offriamo discorsi meno verosimili di quelli di qualunque altro, dobbiamo essere contenti, ricordandoci che io che parlo e voi, giudici miei, abbiamo natura umana: sicché intorno a queste cose conviene accettare una favola verosimile, né cercare più in là.
Platone, Timeo, 27c-29d, trad. it. in Platone, Opere, Laterza, Roma-Bari 1974, vol. 2°, pp. 476-478