Parmenide
Le caratteristiche dell’essere

Non resta oramai che pronunciarsi sulla via
Che dice che è. Lungo questa sono indizi
In gran numero. Essendo ingenerato è anche imperituro,
tutt’intero, unico, immobile e senza fine.
Non mai era né sarà, perché è ora tutto insieme,
uno e continuo. Difatti quale origine gli vuoi cercare?
Come e donde il suo nascere? Dal non essere non ti permetterò
di dirlo né di pensarlo. Infatti non si può né dire né pensare
ciò che non è. E quand'anche, quale necessità può aver spinto
lui, che comincia dal nulla, a nascere dopo o prima?
Di modo che è necessario o che sia del tutto o che non sia per nulla.
Giammai poi la forza della convinzione verace concederà che dall'essere
alcunché altro da lui nasca. Perciò né nascere
né perire gli ha permesso la giustizia disciogliendo i legami,
ma lo tien fermo. La cosa va giudicata in questi termini;
è o non è. Si è giudicato dunque, come di necessità,
di lasciar andare l'una delle due vie come impensabile e inesprimibile (infatti non è
la via vera) e che l'altra invece esiste ed è la via reale
L'essere come potrebbe esistere nel futuro? In che modo mai sarebbe venuto all'esistenza?
Se fosse venuto all'esistenza non è e neppure se è per essere nel futuro.
In tal modo il nascere è spento e non c'è traccia del perire.
Neppure è divisibile, perché è tutto quanto uguale.
Né vi è in alcuna parte un di più di essere che possa impedirne la contiguità,
né un di meno, ma è tutto pieno di essere.
Per cui è tutto contiguo: difatti l'essere è a contatto con l'essere.
Ma immobile nel limite di possenti legami
sta senza conoscere né principio né fine, dal momento che nascere e perire
sono stati risospinti ben lungi e li ha scacciati la convinzione verace.
E rimanendo identico nell'identico stato, sta in se stesso
così rimane lì immobile; infatti la dominatrice Necessità
lo tiene nelle strettoie del limite che tutto intorno lo cinge,
perché bisogna che l'essere non sia incompiuto:
è infatti non manchevole: se lo fosse mancherebbe di tutto.
E’ la stessa cosa pensare e pensare che è:
perché senza l'essere, in ciò che è detto,
non troverai il pensare: null'altro infatti è o sarà
eccetto l'essere, appunto perché la Moira lo forza
ad essere tutto intiero e immobile. Perciò saranno tutte soltanto parole,
quanto i mortali hanno stabilito, convinti che fosse vero:
nascere e perire, essere e non essere, cambiamento di luogo e mutazione del brillante colore.
Ma poiché vi è un limite estremo, è compiuto
da ogni lato, simile alla massa di ben rotonda sfera
di ugual forza dal centro in tutte le direzioni:
che egli infatti non sia né un po' più grande né un po' più debole qui o là è necessario.
Né infatti è possibile un non essere che gli impedisca di congiungersi
al suo simile, né c'è la possibilità che l'essere sia dell'essere
qui più là meno, perché è del tutto inviolabile.
Dal momento che è per ogni lato uguale, preme ugualmente nel limite.

Parmenide, Sulla natura, in I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Roma-Bari 1959, vol. I

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