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Riguardo a tutte le sensazioni Empedocle fa affermazioni simili, e sostiene che la sensazione avviene in virtù dell’adattamento a quei pori che sono propri di ciascuna sensazione degli altri, perché si dà il caso che essi siano ora in certo modo troppo larghi, ora troppo stretti, cosicché ora vi è passaggio senza contatto, ora impossibilità completa di penetrazione. Egli cerca poi di dire anche quale sia la natura della vista; e afferma che il suo interno è fuoco e la sua parte esterna acqua, terra e aria, attraverso le quali il fuoco, essendo sottile, passa, come la luce nelle lanterne. I pori del fuoco e dell’acqua sono alternati, e noi possiamo distinguere il bianco mediante quelli del fuoco e il nero mediante quelli dell’acqua: vi è infatti un adattamento di ciascuna ai rispettivi pori. E anche i colori sono portati alla vista mediante questo effluvio. Gli occhi non sono tutti costituiti in modo eguale, “ma gli uni da elementi in proporzione uguale”, altri invece da elementi in proporzione contraria, e in alcuni occhi il fuoco sta nel mezzo, in altri sta all’esterno; e questa è la ragione per cui alcuni esseri viventi vedono più acutamente alla luce del giorno, altri di notte: quanti infatti hanno una minore quantità di fuoco vedono più acutamente di giorno, perché la loro luce interna è compensata da quella dell’ambiente esterno; quanti invece hanno una quantità maggiore di fuoco vedono meglio di notte, perché anche per costoro il difetto [della luce esterna] risulta così compensato. Nei casi contrari, poi, ciascuno di questi si comporta “in modo contrario”. Vedono in modo confuso quelli ai quali il fuoco sovrabbonda: accresciuto, infatti, ulteriormente dalla luce del giorno, esso ostruisce e comprime i pori dell’acqua. Al contrario, per quelli in cui sovrabbonda l’acqua, la medesima cosa si verifica di notte: il fuoco è infatti compresso dall’acqua. E questo avviene finché per gli uni l’acqua non sia dissolta dalla luce esterna, e per gli altri finché il fuoco non sia dissolto dall’aria. Nell’uno e nell’altro caso è infatti l’elemento contrario che produce il rimedio: la vista migliore, quella in cui si ha una perfetta mescolanza è quella che risulta conformata da entrambi gli elementi in eguale proporzione. Queste sono dunque, più o meno, le cose che dice intorno alla vista. L’udito si produce ad opera dei rumori interni: quando infatti “l’aria” è mossa dal suono, essa riecheggia dentro l’orecchio; l’orecchio infatti è, per così dire, un sonaglio che ripete i suoni in modo eguale e ad esso dà il nome di “germoglio carneo”: ripercuote l’aria mossa contro le pareti solide e produce la risonanza. L’odorato invece si riproduce con la respirazione: per questo hanno l’odorato più sviluppato proprio quegli esseri viventi nei quali più intenso è il movimento della respirazione; l’odore, poi, emana soprattutto dai corpi sottili e leggeri. Riguardo al gusto e al tatto, egli non dà una definizione particolare per ciascuno, né come né perché si producono: eccetto che, per ciò che hanno di genericamente comune, la sensazione risulta da un armonizzarsi ai pori. Si prova piacere di cose simili, o nelle parti o nelle mescolanze, e dolore delle cose contrarie.
Teofrasto, Le sensazioni, 7-9 = DK 31 A 86, trad. it. I presocratici, Laterza, Roma-Bari 1981, pp. 361-62
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Duplice è la genesi dei mortali, duplice è la morte: l’una è generata e distrutta dalle unioni di tutte le cose, l’altra, prodottasi, si dissipa quando di nuovo esse si separano. E queste cose continuamente mutando non cessano mai, una volta ricongiuntesi tutte nell’uno per l’Amicizia, altra volta portate in direzioni opposte dall’inimicizia della Contesa. “Così come l’uno ha appreso a sorgere da più cose” così di nuovo dissolvendosi l’uno ne risultano più cose, in tal modo esse divengono e la loro vita non è salva; e come non cessano di mutare continuamente, così sempre sono immobili durante il ciclo. Ma ascolta le mie parole: la conoscenza infatti accrescerà la mente: come infatti già prima ho detto preannunciando i limiti delle mie parole, duplice cosa dirò: talvolta l’uno si accrebbe ad un unico essere da molte cose, talvolta di nuovo molte cose si disgiungono da un unico essere, fuoco e acqua e terra e l’infinita altezza dell’aria, e la Contesa funesta da essi disgiunta, egualmente tutt’intorno librata, e l’Amicizia fra essi, eguale in lunghezza e larghezza: lei scorgi con la mente e non stare con occhio stupito; lei, che dagli uomini si crede sia insita nelle membra e per lei pensano cose amiche e compiono opere di pace, chiamandola con vario nome Gioia o Afrodite; ma nessun uomo mortale la conobbe aggirantesi fra essi [elementi]: ma tu ascolta l’ordine che non inganna del mio discorso. Tutte queste cose sono eguali e della stessa età, ma ciascuna ha la sua differente prerogativa e ciascuna il suo carattere, e a vicenda predominano nel volgere del tempo. E oltre ad esse nessuna cosa si aggiunge o cessa di esistere: se infatti si distruggessero del tutto, già non sarebbero più; e quale cosa potrebbe accrescere questo tutto? e donde venuta? e dove le cose si distruggerebbero, dal momento che non vi è solitudine [vuoto] di esse? ma esse son dunque queste [che sono], e passando le une attraverso le altre, divengono ora queste ora quelle cose sempre eternamente eguali.
Empedocle, Sulla natura, vv. 3-34, DK 31 B 17, trad. it. I presocratici, Laterza, Roma-Bari 1981, pp. 377-378
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Queste dunque sono le opinioni di Empedocle riguardo alla sensazione e alla conoscenza; un primo dubbio, però, potrebbe nascere da ciò che egli dice, e cioè quale sia la differenza tra gli esseri forniti di anima e gli altri riguardo alla sensazione: anche negli esseri privi di anima, infatti, vi è in adattamento ai pori, e in generale egli fa risultare la mescolanza dalla simmetria dei pori. Onde l'olio e l'acqua non si mescolano, mentre si mescolano gli altri liquidi e le altre sostanze di cui Empedocle enumera le mescolanze appropriate. Cosicché tutte le cose saranno fornite di sensibilità e le stesse cose saranno mescolanza, sensazione e accrescimento, poiché in ogni caso si ha simmetria di pori, se non intervenga qualche differenza. […] Ed invero [un] dubbio potrebbe ancora sussistere se fosse possibile che gli elementi eterogenei avessero grandezze tali da adattarsi, soprattutto tenendo presente che può accadere, come egli dice, che gli occhi, la cui mescolanza degli elementi è asimmetrica, perdano la chiarezza della vista perché i pori sono ostruiti ora dal fuoco ora dall'aria. Se dunque può esservi simmetria anche tra elementi eterogenei ed i pori possono esserne riempiti, come e quando si produce la sensazione e dove questi elementi eterogenei si ritraggono? Bisogna infatti che si produca un certo trasferimento di parti, cosicché in ogni caso vi sono difficoltà: infatti è necessario che o s'introduca il vuoto, o che gli esseri viventi abbiano sensazioni ininterrotte di ogni cosa, o che vi sia adattamento ai pori anche di particelle eterogenee, senza che si produca sensazione né trasferimento appropriato per le particelle che producono sensazione. […] Ma inadeguata è anche la spiegazione analoga del piacere e del dolore, quando cioè spiega che si gode del simile e si prova dolore del dissimile: " ... ". Essi [Empedocle e Anassagora, in base al § 17] ritengono infatti che il piacere e il dolore siano sensazioni o conseguano a sensazioni, cosicché non in ogni caso risultano dal simile. Inoltre se sono le cose congeneri che producono piacere nel contatto, come egli dice, allora sarebbero soprattutto le cose della stessa natura a godere e a sentire: dalle stesse cose infatti egli fa risultare la sensazione e il piacere. Tuttavia spesse volte, nell'atto della sensazione, proviamo dolore e anzi, secondo Anassagora, non vi è in generale sensazione senza dolore. Altre osservazioni potrebbero farsi nei dettagli. Posto infatti che la conoscenza avviene per il simile e che l'occhio consiste di fuoco e del suo contrario, non c'è problema nella possibilità di conoscere il bianco e il nero mediante il simile, ma come si conoscono il grigio e gli altri colori misti? Non per mezzo dei pori del fuoco né di quelli dell'acqua, né di altri comuni, risultanti da entrambi; pur tuttavia noi vediamo i colori misti non meno di quelli semplici. […] […] si potrebbero sollevare obbiezioni anche a proposito della conoscenza, dal momento che la fa risultare da fattori identici a quelli della sensazione. Tutte le cose infatti parteciperebbero della conoscenza. E nello stesso tempo è possibile che la sensazione si produca per una modificazione qualitativa e ad opera del simile? Il simile non è modificato dal simile. E’ altresì del tutto assurdo che la conoscenza avvenga per mezzo del sangue: molti degli esseri viventi, infatti, sono privi di sangue, e in coloro che ne sono forniti le parti che interessano le sensazioni sono le più povere di sangue. E inoltre anche le ossa ed i peli avrebbero sensazioni, poiché sono composti di tutti gli elementi. E la conseguenza è che le stesse cose sarebbero il conoscere, il sentire, il godere, il provare dolore e l'ignorare: le due ultime cose hanno infatti, secondo Empedocle, come causa il dissimile; in modo che per l'ignoranza dovrebbe prodursi dolore e per la conoscenza piacere.
Teofrasto, Le sensazioni, 1.2. (Dox. 499 sgg) = DK 31 A 86 trad. it. I presocratici, Laterza, Roma-Bari 1981, pp. 363-367