Abelardo
Gli universali e le intellezioni

Pare che gli universali non abbiano nessun significato riferibile alle cose, dato specialmente che non costituiscono una intenzione reale.
Ma non è così. Infatti, col nominarle, significano in qualche modo le cose diverse, non costituendo un oggetto inteso che nasca dalle cose stesse, ma che tuttavia si riferisce alle singole cose. Per esempio la parola uomo nomina i singoli uomini per una causa comune, cioè perché sono uomini, in virtù della quale si dice universale, e costituisce un significato (intellectum) comune, non proprio, che si riferisce ai singoli dei quali concepisce una similitudine comune.
Visto il significato degli universali, ossia delle cose attraverso la loro denominazione, e mostrata la causa dell'imposizione del nome universale, vediamo quali siano le loro intellezioni, vediamo quali concetti costituiscano nella nostra mente.
E prima parliamo della natura di tutte le intellezioni in generale.
Poiché dunque tanto i sensi quanto l'intelletto sono qualità dell'anima, la loro differenza è questa: i sensi si esercitano solo attraverso strumenti corporei e percepiscono solo i corpi o le loro determinazioni, per esempio la vista percepisce una torre o le sue qualità visibili. L'intelletto invece, come non ha bisogno di strumento corporeo, così non ha bisogno di avere un corpo su cui esercitarsi, ma gli basta la similitudine della cosa, similitudine che l'animo stesso si foggia e verso la quale dirige l'azione della sua intelligenza. E perciò, se la torre è distrutta o allontanata, la sensazione ad essa diretta perisce; resta invece l'intellezione, poiché è ritenuta nell'animo la similitudine della cosa.

Abelardo, dalle Glosse su Porfirio, in Grande antologia filosofica, Marzorati, Milano 1989, p. 775

apri questo documento in Word