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Così se tutti si mettono a dire qualcosa sul metodo terapeutico, in tutto io credo dovrebbero concordare tra di loro, come gli aritmetici, i geometri e gli esperti di calcolo.
È dunque possibile imparare da loro fin dall’inizio quale significato una cosa ha in relazione a ciascuno dei nomi che si vogliono usare, poi quali proposizioni indimostrabili verranno assunte nel discorso, che chiamano anche assiomi: come il fatto che chiamo linea una lunghezza senza larghezza, superficie, poi, ciò che ha solo la lunghezza e la larghezza; e che il triangolo è questo, il quadrato quest’altro, e allo stesso modo ciascun’altra cosa. Poi, anche, che si può fare uso di siffatti assiomi, con la premessa che cose uguali a se stesse sono anche eguali fra loro, e che se si aggiungono cose uguali a cose eguali, la somma sarà eguale. Dopodiché si proverà, infine, a dimostrare i teoremi, non assumendo nulla al di fuori di ciò che dall’inizio si è stabilito. La maggior parte dei medici, come anche tu sai, carissimo Ierone, se chiedi loro di dove sono partiti nella scoperta che dicono di aver fatto, sono così lontani dall’enunciare principi assiomatici e su cui tutti concordino che non trovano nulla da rispondere che sia in accordo con loro stessi, ma oscillano su e giù come Euripo, e nel procedere del discorso ciascuno stabilisce il contrario di ciò che ha supposto all’inizio.
Galeno, Il metodo terapeutico, I, 4, in Medicorum Graecorum Opera quae extant (editionem curavit K. G. Kühn), vol. X, Lipsiae, prostat in officina libraria Car. Cnoblochii, 1825, pp. 33-34 (citato e tradotto in P. Manuli, Medicina e antropologia nella tradizione antica, Loescher, Firenze 1980, p. 59)