E. Berti
Che cos’è la dialettica in Aristotele

Veniamo così all’illustrazione di quello che per Aristotele è il vero metodo della ricerca, cioè la via attraverso la quale si perviene alla conoscenza, in particolare alla scoperta della definizione, che è il principio della scienza propriamente detta, cioè dell'esposizione sistematica. La tesi affermatasi ormai da alcuni decenni tra gli studiosi è che questo metodo sia precisamente la dialettica, cioè la tecnica della discussione, illustrata da Aristotele nel Topici e negli Elenchi sofistici. All'inizio del primo di questi trattati, che è anche il più esteso dell'Organon, perché comprende otto libri, Aristotele ne definisce l'oggetto, cioè appunto la dialettica, come "un metodo per mezzo del quale potremo argomentare intorno ad ogni problema proposto a partire da premesse endossali e, se dovremo rendere conto noi di una tesi, non diremo nulla di contrastante con essa" (Top.I 1).
La situazione in cui opera la dialettica non è dunque quella della ricerca scientifica, bensì quella della discussione tra due interlocutori, una discussione condotta secondo determinate regole. All'inizio i due interlocutori pongono un problema qualsiasi (la dialettica dunque, a differenza dalle scienze, verte su tutti gli argomenti) e si distribuiscono le parti nel modo seguente: uno dei due abbraccia una delle soluzioni possibili del problema, cioè una tesi, e cerca di difenderla, mentre l'altro, allo scopo di saggiarne la tenuta, cerca di distruggerla. L'iniziativa spetta in genere a quest'ultimo, il quale deve cercare di confutare - cioè di far cadere in contraddizione con se stesso - il suo interlocutore e lo fa anzitutto ponendogli delle domande, formulate in modo tale che l'altro debba rispondere affermativamente; se ciò accade, l'interrogante avrà ottenuto dal suo interlocutore delle premesse, a partire dalle quali cercherà di dedurre una conclusione che sia in contraddizione con la tesi dell'avversario, cioè cercherà di confutarlo.
Colui che invece difende una tesi, deve limitarsi a rispondere alle domande del suo interlocutore, cercando di rispondere affermativamente solo quando non può farne a meno, cioè quando la risposta affermativa corrisponde alle attese di un supposto pubblico (che funge in qualche modo da arbitro), e facendo in ogni caso attenzione a non concedere, mediante le sue risposte affermative, premesse a partire dalle quali l’avversario possa confutarlo. L'esito della discussione dipende dunque in larga misura dal tipo di premesse che l'uno richiede e che l'altro concede. Le premesse a cui si deve rispondere affermativamente, per non apparire ridicoli agli occhi del pubblico, sono le cosiddette premesse "endossali" (éndoxa), definite da Aristotele come quelle che sono "condivise da tutti, o dalla maggior parte, o da coloro che sanno [cioè dai competenti nell’argomento in questione], e tra questi o da tutti, o dalla maggior parte, o dai più conosciuti e famosi" (ivi).

E. Berti (a cura di), Guida ad Aristotele, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 40-42

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