Simplicio
L’astronomia e la fisica di Aristotele

Alessandro, con l’erudizione che gli è propria, cita un brano di Gemino tratto dal compendio della Metereologia di Posidonio, brano in cui si prendono le mosse da Aristotele. Ecco il passo: "Alla scienza fisica spetta l'indagine sull'essenza del cielo e degli astri, sulla loro potenza e qualità e sulla loro formazione e dissolvimento; essa può infine anche mostrarne la grandezza, la figura e la disposizione. L'astronomia invece non mira a svolgere nessun discorso di questo tipo, ma, una volta dichiarato che il cielo è realmente un cosmo, dimostra l'ordinamento delle cose celesti, e parla delle figure, grandezze e distanze della Terra, del Sole e della Luna, e delle eclissi e congiunzioni degli astri, e della qualità e quantità dei loro spostamenti. Quindi, dato che essa viene a contatto con la scienza della quantità, della durata e della qualità delle figure, ha comprensibilmente bisogno dell'aritmetica e della geometria. E per mezzo dell'aritmetica e della geometria essa ha forza dimostrativa su questi punti, dei quali soltanto essa si impegna a rendere conto. In molti casi quindi l'astronomo e il fisico si proporranno di dimostrare all'incirca la stessa cosa (per esempio, la grandezza del Sole, la sfericità della Terra); ma non procederanno lungo le stesse vie. Il fisico in ciascun caso condurrà la dimostrazione a partire o dall'essenza o dalla potenza o dalla considerazione del meglio o dai processi di formazione e cambiamento; l'astronomo invece a partire dalle proprietà delle figure o delle grandezze, o dalla quantità del movimento e del tempo che gli è appropriato. E il fisico spesso perverrà alla causa prendendo in considerazione la potenza produttrice; l'astronomo invece, quando dimostra a partire dalle proprietà esterne, si ferma a una considerazione insufficiente della causa (come, per esempio, nella dimostrazione della sfericità della Terra o degli astri); talvolta poi non mira neppure a cogliere la causa (come nei suoi discorsi sull'eclissi); altre volte poi procedendo in base a un'ipotesi dimostra quali determinati ordini sono da assumersi per la salvezza dei fenomeni. Per esempio: perché il Sole, la Luna e i pianeti appaiono muoversi in modo non uniforme? Se supponiamo che i loro cerchi sono eccentrici, oppure che gli astri girano su un epiciclo, la loro non uniformità apparente sarà salvata; si dovrà allora passare in rassegna tutte quelle disposizioni, in base alle quali questi fenomeni possono risultare; di conseguenza, la trattazione degli astri erranti è simile al discorso sulle cause condotto in base all'ordinamento possibile. Può allora anche comparire uno che dice che l' apparente anomalia del Sole può essere salvata anche se la Terra si muove in un certo modo e il Sole sta fermo in un certo modo. In generale, all'astronomo non spetta riconoscere che cosa è per natura in stasi e quali siano i corpi mobili; egli invece introduce ipotesi per le quali alcuni corpi sono fermi, altri in moto, e poi indaga con quali ipotesi i fenomeni celesti si accordano. Ma deve riprendere dal fisico i principi, cioè che i movimenti degli astri sono semplici, uniformi e regolari; per mezzo di questi principi dimostrerà che è circolare il movimento ritmico di tutti gli astri, sia di quelli che compiono la loro rivoluzione lungo cerchi paralleli, che di quelli che la compiono lungo cerchi obliqui". Così dunque Gemino, o Posidonio in Gemino, espone la differenza tra la fisica e l'astronomia, prendendo le mosse da Aristotele.

Simplicio, In Aristotelis Physicorum Libros quatrour priores commentaria, Reimer, Berlino 1892, pp. 291, 21 - 292, 31, trad. it. in F.F. Repellini (a cura di), Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980, pp. 259-261

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