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Certamente le affermazioni di Platone contro l'arte poetica suonano ancor più sorprendenti all'impreparato lettore odierno, che non conosca la posizione dei poeti nella paideia greca: come da Omero si fosse soliti attingere la totalità del proprio sapere, in tutti i campi (così come più tardi gli scrittori cristiani attingeranno tutto dalla Bibbia); come spesso l'audizione della poesia potesse smarrirsi in una fantasiosa allegoresi o in una esegesi cavillosa; come nel mondo greco, col dominio della parola pronunciata, la formula poetica entrasse nell'orecchio e nell'anima, come sentenza e massima, senza venire determinata e delimitata nei suoi effetti in base alla complessiva intenzione poetica: tutto ciò può essere giusto. Ma la straordinaria singolarità di questa critica non può venire realmente attenuata. E del tutto sbagliata è anche quella difesa di Platone che vede la sua critica rivolta, non contro la poesia in quanto tale, ma contro la sua attuale degenerazione, che l'avrebbe ridotta ad accontentarsi della semplice imitazione di scene della vita reale. I criticati, infatti, sono proprio Omero e i grandi tragici, che pure affascinano lo stesso Socrate e i suoi amici. Ma di altrettanto scarso aiuto alla comprensione può essere il presupporre un Platone metafisico della dottrina delle idee per dimostrare che la sua critica dei poeti deriverebbe coerentemente dai suoi presupposti ontologici fondamentali. È infatti vero il contrario: la posizione di Platone nei confronti dei poeti non è una conseguenza del suo sistema, che non gli permetterebbe una più esatta valutazione della verità poetica, bensì un'intenzionale espressione della decisione, da lui presa allorché venne conquistato da Socrate e dalla filosofia, contro l'intera cultura statale e spirituale del tempo e la sua capacità di salvare lo Stato. Non a caso la critica dei poeti viene condotta in modo speciale e con motivata insistenza in due luoghi del suo scritto sullo Stato. È, infatti, in rottura con il fondamento poetico della paideia attica che il senso pedagogico del filosofare platonico si sviluppa come qualcosa di nuovo e di diverso rispetto alla totalità della tradizione.
H.-G. Gadamer, Platone e i poeti, in Id., Studi platonici, tr. it. di G. Moretto, Marietti, Casale Monferrato 1983, vol. I, p. 194