Bonaventura da Bagnoregio
L’itinerario dell’anima a Dio

"Felice l'uomo il cui sostegno è in Te! Egli ha disposto le sue vie per risalire da questa valle di lacrime al luogo in cui Dio ha la sua dimora". Dato che la beatitudine consiste soltanto nella fruizione del sommo Bene, ed il sommo Bene è una realtà trascendente rispetto a noi, nessuno può pervenire alla beatitudine se non si eleva al di sopra di se stesso, non in senso fisico, ma in virtù di uno slancio del cuore. D'altra parte, non ci possiamo elevare al di sopra di noi se una forza a noi superiore non ce lo consente. Infatti, per quanto ci disponiamo interiormente a questa ascesa, a nulla serve tutto ciò se non ci soccorre l'aiuto di Dio. Ora, l'aiuto di Dio soccorre coloro che lo invocano di tutto cuore, con umiltà e devozione; coloro cioè che a Lui anelano in questa valle di lacrime per mezzo di un'ardente preghiera. La preghiera, pertanto, è la fonte e l'origine del nostro elevarci a Dio. Per questo, Dionigi, nella sua opera De Mystica Theologia, proponendosi di indicarci i mezzi per giungere all'abbandono dell'estasi, pone al primo posto la preghiera. Preghiamo, dunque, e diciamo al Signore Dio nostro: "Conducimi, Signore, sulla tua via ed entrerò nella tua verità, gioisca il mio cuore, perché io tema il tuo nome". Così pregando, la nostra anima viene illuminata in modo da conoscere le tappe che le permettono di ascendere a Dio. Infatti, per noi uomini, nella nostra attuale condizione, l'intera realtà costituisce una scala per ascendere a Dio. Ora, tra le cose, alcune sono vestigio di Dio, altre sua immagine; alcune sono corporee, altre spirituali; alcune sono temporali, altre sono immortali; e, pertanto, alcune sono al di fuori di noi, altre invece in noi. Di conseguenza, se vogliamo pervenire alla considerazione del primo Principio, che è puro spirito, eterno e trascendente, è necessario che passiamo prima attraverso la considerazione delle sue vestigia che sono corporee, temporali ed esterne a noi, e questo significa essere condotti sulla via di Dio. E’ necessario, poi, che rientriamo nella nostra anima che è immagine di Dio, immortale, spirituale ed in noi, e questo significa entrare nella verità di Dio. E’ necessario, infine, che ci eleviamo a ciò che è eterno, puro spirito e trascendente, fissando con attenzione lo sguardo sul primo Principio, e questo significa allietarsi nella conoscenza di Dio e nell'adorazione della sua maestà. Queste tre tappe costituiscono, quindi, il viaggio di tre giorni nella solitudine, le tre diverse luci che ci illuminano nel corso della giornata, di cui la prima è simile a quella del tramonto, la seconda a quella del mattino, la terza a quella del mezzogiorno. Esse rispecchiano anche i tre diversi modi in cui le cose esistono e con riferimento ai quali fu detto: "sia fatto", "fece" e "fu fatto", e, ancora, rispecchiano i tre ordini di sostanza – corporea, spirituale e divina – presenti in Cristo che è la scala per la nostra ascesa. A queste tre tappe progressive corrispondono, nella nostra anima, tre diversi modi secondo cui essa considera le cose. Il primo si volge alle realtà corporee, esterne a noi, ed è chiamato animalità o sensibilità; con il secondo, si volge a se stessa, senza uscire da sé, ed è detto spirito; con il terzo, che è detto mente, l’anima si volge alle realtà che la trascendono. A partire da tutte queste cose, l’anima deve prepararsi ad ascendere a Dio, perché Egli sia amato "con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l’anima"; in ciò consistono la perfetta osservanza della Legge e, insieme, la sapienza cristiana.

Bonaventura da Bagnoregio, Itinerario dell’anima a Dio, ed. it a cura di L. Mauro, Rusconi, Milano 1985, I, 1-4, pp. 355-357

apri questo documento in Word