Testimonianze varie
Crisippo e gli indifferenti

Secondo loro, delle cose che sono, alcune sono beni, altre mali, e altre ancora né beni né mali... e tali sono quelle realtà che non recano né danno né vantaggio, come la vita, la salute, il piacere, la bellezza, il vigore, la ricchezza, la fama, le nobili origini (e così pure le realtà opposte come morte, la malattia, la fatica, la bruttezza, la debolezza, la povertà, il disonore, le origini oscure e simili). Questa è la tesi che sostengono Ecatone nel VII libro de Il fine, Apollodoro ne L’etica, e anche Crisippo. Questi infatti non sono beni, ma indifferenti, del genere dei preferiti: come infatti è proprio del calore riscaldare e non raffreddare, così è proprio del bene recar giovamento e non danno. Ricchezza e salute non causano più danno che vantaggio, dunque non possono essere un bene. Forniscono poi un’altra definizione: non è bene ciò che può essere oggetto di un buono o cattivo uso, e siccome sia la salute sia la ricchezza possono essere usati nei due sensi, non sono un bene. Il giovare è uno.stato o un atto tipico della virtù; il nuocere è invece uno stato o un atto proprio del vizio.
Secondo loro, indifferenti sono quelle cose che stanno a mezzo fra i beni e i mali. Gli indifferenti sono di due specie: in un primo senso non si qualificano né come un bene né come un male e quindi non sono né da scegliersi né da fuggirsi; in una seconda accezione non sono in grado di determinare né un impulso di accettazione né di repulsa. In tal senso alcuni sono detti assolutamente indifferenti, come l'avere in testa un numero pari o dispari di capelli, o stendere il dito in questo o quest'altro modo, o sollevare qualcosa che ci capita davanti, come sterpaglia o fogliame. Nel primo significato quelle cose che stanno a mezzo fra la virtù e il vizio prendono il nome di indifferenti... e però non nel senso che non inducano né alla scelta né al rifiuto: esse in effetti possiedono un pregio che invita alla scelta, oppure un disvalore che invita al rifiuto, anche se non influiscono sulla felicità della vita.

H. von Arnim, Stoicorum Veterum Fragmenta, ed. it. a cura di R. Radice, Stoici antichi. Tutti i frammenti, Rusconi, Milano 1998, pp. 1024-5

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