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Definiti questi punti diciamo in generale di ogni sensazione. La sensazione consiste nell'essere mossi e nel subire, come s'è detto e, infatti, comunemente la si ritiene una specie di alterazione. Alcuni asseriscono pure che il simile patisce dal simile: il che come sia possibile o impossibile abbiamo già spiegato nella discussione generale intorno all'azione e alla passione. So. Ma c'è una difficoltà: perché dei sensi stessi non si dà sensazione? e cioè perché senza gli oggetti esterni essi non producono sensazione, pur contenendo fuoco, terra e gli altri elementi che sono oggetto di sensazione per se stessi o per i loro accidenti? Evidentemente perché la facoltà sensitiva non è in atto, ma in potenza soltanto: perciò non sente, proprio come il combustibile non si brucia esso stesso da sé senza il comburente altrimenti brucerebbe se stesso e non ci sarebbe punto bisogno del fuoco in atto.
E poiché il sentire lo prendiamo in duplice significato (e infatti chi è in potenza ad ascoltare e a vedere diciamo che ascolta e vede, anche se per caso dorma, e lo stesso diciamo di chi già ascolta e vede in atto), in duplice significato si prenderà la sensazione: c'è una sensazione in potenza e una sensazione in atto. Lo stesso è per il sentire: c'è un sentire in potenza e un sentire in atto.
Cominciamo la nostra esposizione come se fossero lo stesso 'patire', 'essere mosso ', 'agire': in effetti il movimento è una specie di atto, incompleto senza dubbio, com'è stato detto in altri trattati. Ogni cosa patisce ed è mossa per opera di un agente e di un agente in atto: per questo è possibile che sotto un certo aspetto qualcosa patisca dal simile e sotto un altro dal dissimile, come notammo, perché ciò che patisce è il dissimile, ma quando ha patito, è simile.'
Bisogna stabilire anche delle distinzioni sui termini 'potenza' ed 'atto', perché ora ne stiamo parlando senza precisarli. In un senso uno è sapiente al modo che diremmo sapiente l'uomo in quanto fa parte di esseri sapienti e in possesso di scienza; in un altro, al modo che già diciamo sapiente chi possiede la grammatica. Ciascuno di questi due è in potenza non allo stesso modo, ma il primo perché d'una certa natura è il genere a cui appartiene e cioè la sua materia, l'altro perché, volendo, è in potenza a esercitare la scienza, a meno che non glielo impedisca un ostacolo esterno. Chi poi esercita già in atto la scienza è sapiente in atto e sa propriamente che questo è. I primi due sono sapienti in potenza, ma l'uno attualizza la sua potenza dopo avere subito un'alterazione mediante lo studio e dopo essere passato più volte dallo stato contrario, l'altro, invece, in modo diverso, dopo essere passato dal puro possesso della sensazione o della grammatica senza l'esercizio, all'esercizio stesso.
E non è semplice neppure il termine 'patire': talora è la distruzione per opera dei contrario, talora piuttosto la conservazione di ciò che è in potenza per opera di quel che è in atto e che gli è simile come la potenza in relazione all'atto. In effetti è in quanto esercita attualmente la scienza che diventa [sapiente in atto] chi possiede la scienza: il che o non è una alterazione (perché è un progresso verso se stesso e il proprio atto) ovvero un altro genere di alterazione. Quindi non è esatto dire che il soggetto pensante, quando pensa, subisce una alterazione, come neppure l'architetto quando edifica. Di conseguenza ciò che trae all'atto quel che è in potenza nel caso dell'essere intelligente e pensante dovrebbe ricevere non il nome di istruzione, ma un'altra denominazione. Quanto poi a chi, stando in potenza, impara e acquista scienza per opera di chi la possiede in atto ed è esperto nell'insegnare bisogna dire o che non patisce, come s'è notato, o che vi sono due modi di alterazione: l'uno è un Passaggio verso le disposizioni privative, l'altro verso gli abiti positivi e la natura stessa del soggetto.
Nell'essere sensitivo la prima mutazione si effettua per opera del genitore: quand'è generato, esso possiede già la sensazione al pari che una scienza. La sensazione in atto corrisponde all’esercizio della scienza: unica differenza è che per la prima gli agenti produttori dell'atto sono esterni e cioè il visibile, il sonoro e così gli altri. Il motivo è che la sensazione in atto ha per oggetto cose particolari mentre la scienza ha per oggetto gli universali e questi sono, in certo senso, nell'anima stessa. Perciò il pensare è in potere dell'uomo quando vuole, ma il sentire non è in suo potere perché è necessario ci sia il sensibile. Lo stesso avviene per le discipline che versano intorno ai sensibili, proprio per la stessa causa che i sensibili sono cose singolari ed esterne.
Ma di chiarire questi punti ci sarà occasione anche in seguito: basti per ora avere stabilito che non è semplice l'espressione 'essere in potenza'. C'è un significato secondo il quale potremmo dire che un fanciullo può essere capo dell'esercito, ce n'è un altro secondo il quale potremmo dire lo stesso di un adulto. In quest'ultimo si deve intendere della facoltà sensitiva. Ma poiché queste differenti accezioni non hanno un nome proprio e noi ne abbiamo definito la diversità e la qualità della diversità, è necessario usare i termini ' patire ' e ' essere alterato ' come se fossero termini propri. Ora la facoltà sensitiva è in potenza ciò che il sensibile è già in atto, come s'è detto: essa patisce, in quanto non è simile, e quando ha patito, si fa simile al sensibile' ed è come quello.
Aristotele, De anima, II 5, 416 b 32 -418 a 6, traduzione con alcune variazioni di R. Laurenti in Aristotele, Opere, Laterza, Bari 1973, pp. 141-3