Tommaso d’Aquino
Natura singolare e natura assoluta

La natura può essere considerata in due modi. Nell'un modo, secondo la propria nozione, e questa è la sua considerazione assoluta: e in questo modo niente è vero di essa se non ciò che le conviene in quanto tale: per cui tutto ciò che le si attribuisce di altri, è una falsa attribuzione. Per esempio, all'uomo in quanto è uomo conviene razionale e animale, e le altre cose che rientrano nella sua definizione, invece bianco o nero o tutto quello che di simile non è nella nozione di umanità, non conviene all'uomo in quanto uomo. Perciò alla questione se questa natura così considerata possa dirsi una o più, non si deve concedere né l'uno né l'altro: perché ambedue sono al di fuori del concetto di umanità, ed ambedue gli possono appartenere. Se infatti la pluralità fosse propria del suo concetto, essa non potrebbe mai essere una, mentre tuttavia essa è una in quanto è in Socrate. Similmente, se l'unità fosse propria del suo concetto, allora sarebbe una sola, e la medesima, la natura di Socrate e di Platone, e non si potrebbe moltiplicare in più. In altro modo si considera secondo l'essere che ha in questo o in quello; e così si predica di essa qualcosa di accidentale in ragione di colui nel quale si trova, come si dice che l'uomo è bianco, perché Socrate è bianco, benché ciò non convenga all'uomo in quanto uomo.
Questa natura, poi, ha un duplice essere: uno nei singolari, l'altro nell'anima; e secondo entrambi alla predetta natura seguono gli accidenti. E nei singolari ha un essere molteplice secondo la diversità dei singolari: e tuttavia alla natura stessa secondo la considerazione sua propria, cioè quella assoluta, non è dovuto nessuno di questi. E' falso infatti dire che la natura dell'uomo in quanto tale abbia l'essere in questo singolare; poiché se l'essere in questo singolare convenisse all'uomo in quanto è uomo non sarebbe mai al di fuori di questo singolare; similmente, se convenisse all'uomo in quanto uomo non essere in questo singolare, mai sarebbe in esso. E' bensì vero dire che l'uomo, ma non in quanto uomo, ha l'essere in questo o in quel singolare o nell'anima. Dunque, è chiaro che la natura dell'uomo, considerata in assoluto, astrae da qualsiasi essere, in tal modo però che non vi sia esclusione di alcuno di essi. E questa natura così intesa è quella che si predica di tutti gli individui.

Tommaso d'Aquino, L'ente e l'essenza, in Opuscoli filosofici, Città Nuova, Roma 1989

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