Duns Scoto
La retta ragione e la bontà morale dell’atto

Come in un bel corpo la bellezza non è una qualità assoluta, ma è l'insieme di tutte le cose convenienti a tale corpo, quali la grandezza, la figura e il colore, e l'insieme di tutte le relazioni esistenti in essi, con il corpo e reciprocamente fra di loro, così la bontà morale dell'atto è quasi un ornamento di quell'atto, che risulta dal conseguimento della debita proporzione con tutto ciò a cui l'atto deve adeguarsi, come sono la facoltà, l'oggetto, il tempo, il fine, il luogo, il modo, e con ciò specialmente che la retta ragione detti, debba convenire all'atto, di modo che per tutte si possa dire che la convenienza dell’atto con la retta ragione è convenienza, posta la quale l'atto è buono, e senza la quale non è buono, qualsiasi altra convenienza intervenga: poiché per quanto si abbia l'atto circa un qualsiasi oggetto, se esso nell'operante non è secondo retta ragione, per es., se questi non abbia retta ragione nell'operare, quell'atto non è buono; quindi la bontà morale dell'atto si ha principalmente nella conformità dell'atto con la retta ragione, che pienamente legifera sulla rettitudine di tutte le circostanze debite di quell'atto.

Giovanni Duns Scoto, Ordinatio I, distinctio 17, quaestio 3, n. 3 (ed. Vat., X, p. 55), in Grande antologia filosofica, diretta da U.A. Padovani, vol. IV, Marzorati, Milano 1954, p. 1397

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