Aristotele
I moti naturali dei quattro elementi empedoclei e del quinto elemento, l’etere

Quanto alla natura del tutto, se sia infinito in grandezza o se sia limitato nella totalità della sua mole, sarà da ricercare in seguito. Ora parliamo di quelle che secondo specie ne costituiscono le parti, e partiamo da quello che segue. Tutti i corpi e le grandezze naturali, noi diciamo, sono per se stessi mobili secondo il luogo; diciamo infatti che la natura è in essi principio di movimento. Il moto locale, che è quello che noi chiamiamo, ‘traslazione’ è sempre o rettilineo, o circolare, o misto di questi due: perché semplici sono questi due soli. E la ragione è che ci sono anche due sole grandezze semplici, la linea retta e quella circolare. Circolare è il movimento intorno al centro, rettilineo quello verso l'alto e il basso. Verso l'alto dico poi il moto che s'allontana dal centro, verso il basso quello in direzione del centro. Ne consegue che ogni moto semplice è di necessità o dal centro, o verso il centro, o intorno al centro. E questo sembra seguire conseguentemente a quanto si era detto al principio: come infatti il corpo raggiungeva il suo compimento nel tre, così è anche per il suo movimento. Ora, poiché i corpi sono o semplici, o composti di semplici - dico semplici quelli in cui il principio del movimento è inerente alla loro stessa natura, come il fuoco e la terra, e le loro specie, e i loro congeneri -, anche i movimenti saranno di necessità o semplici o comunque composti, semplici quelli dei corpi semplici, composti quelli dei corpi composti; questi ultimi poi si muoveranno secondo la parte in essi prevalente. Se dunque esiste un moto semplice, e se il moto circolare è semplice, e il moto dei corpi semplici è semplice, e il moto semplice è proprio dei corpi semplici -ma anche se il moto è di un corpo composto, sarà secondo la parte in esso prevalente -, ne viene che deve di necessità esistere un corpo semplice che in virtù della sua natura abbia la proprietà di muoversi di moto circolare. Solo per effetto d'una costrizione si ammette che un corpo esegua il moto d'un altro, e da esso diverso; ma secondo natura questo è impossibile, se è vero che per ogni corpo semplice non c'è che un solo movimento naturale. Ancora: se il moto contro natura è contrario a quello secondo natura, e la contrarietà è sempre di uno a uno, ne viene di necessità che, dal momento che il moto circolare è semplice, se esso non sarà secondo natura per il corpo che si muove, sarà contro natura. Se dunque ciò che si muove circolarmente è il fuoco o alcunché altro di simile, il moto ad esso naturale verrà ad essere contrario a quello circolare: ma la contrarietà è di uno a uno, e il moto verso l'alto e quello verso il basso sono già contrari fra loro. Se invece ciò che si muove contro natura è un altro corpo ancora, esso avrà un altro movimento secondo natura; ma questo è impossibile, perché se è il moto verso l'alto, il corpo sarà o fuoco o aria, se è quello verso il basso, o acqua o terra. Ma un moto siffatto sarà di necessità anche primo: il perfetto è per natura primo rispetto all'imperfetto, e il circolo rientra nel numero delle cose perfette, mentre una linea retta non è mai perfetta. Non la linea infinita giacché avrebbe limite e fine -, e neppure alcuna delle linee finite -per tutte infatti c'è qualcosa al di fuori del loro limite, dato che qualunque di esse si prenda, può venir prolungata. Cosicché, se il movimento primo è proprio di un corpo per natura primo, e se il movimento circolare è primo rispetto a quello rettilineo, e quello rettilineo è proprio dei corpi semplici -infatti così il fuoco come i corpi formati di terra si muovono in linea retta, il primo verso l'alto, gli altri verso il basso e in direzione del centro -, avremo necessariamente che anche il moto circolare sarà proprio di qualche corpo semplice; perché il moto dei corpi composti, come abbiamo detto, è a seconda della parte che prevale nella mescolanza di quelli semplici. Da tutto questo risulta, come si vede, evidente, che v'è per natura un'altra sostanza corporea oltre alle formazioni a noi note quaggiù, più divina ed anteriore ad esse tutte. E questo appare manifesto anche ove si assuma ancora che ogni movimento è o secondo natura o contro natura, e che quello che è contro natura per l'uno è secondo natura per l'altro, come accade per il moto verso l'alto e quello verso il basso: questi infatti sono contro natura e secondo natura, l'uno per il fuoco, l'altro per la terra. Per modo che anche il moto circolare, essendo contro natura per questi corpi, sarà di necessità secondo natura per qualche altro corpo. Inoltre, se il moto circolare è secondo natura per qualche corpo, è chiaro che tra i corpi semplici e primi deve esservene uno che abbia questa proprietà, che, come il fuoco si muove verso l'alto e la terra verso il basso, esso secondo natura si muova di moto circolare. Se invece è contro natura che si muovono lungo la loro orbita i corpi che hanno moto circolare, fa meraviglia ed è del tutto contro ragione che solo questo movimento, mentre è contro natura, sia continuo ed eterno; vediamo infatti che in tutti gli altri casi ciò che è contro natura è più rapidamente soggetto a corrompersi. Per modo che, se è il fuoco, come dicono alcuni, il corpo che così si muove, questo moto sarà per esso non meno contro natura del moto verso il basso; vediamo infatti che il moto proprio del fuoco è quello che parte dal centro e segue la linea retta. E però, traendo le conseguenze di tutto questo, non si potrà fare a meno di convincersi che oltre ai corpi che si trovano quaggiù e che ci circondano, ce n'è un altro, separato, la cui natura ha tanto più pregio quanto più esso è lontano dal mondo di quaggiù.
Poiché di quanto abbiamo fin qui esposto parte rientra nelle premesse, parte è stato dimostrato, è evidente che non ogni corpo ha leggerezza o peso. Dobbiamo tuttavia porre che cosa intendiamo col pesante e con il leggero e lo faremo ora per quanto basta a soddisfare la presente necessità, per trattarne con maggior precisione in seguito, quando dovremo indagare sulla loro essenza. Sia dunque 'pesante' ciò che per natura si porta verso il centro, 'leggero' ciò che si porta in direzione opposta al centro, ‘più pesante di tutto ciò che sta sotto a tutti i corpi che si portano verso il basso, ‘più leggero di tutto ciò che si mantiene al sommo rispetto a tutti quelli che si portano verso l'alto. È necessario in verità che tutto ciò che si muove verso il basso o verso l'alto abbia o leggerezza o peso, o l'uno e l'altra insieme, non però in rapporto al medesimo termine; è infatti nel rapporto reciproco che questi corpi sono pesanti e leggeri, come ad esempio l'aria rispetto all'acqua e l'acqua rispetto alla terra. Invece il corpo che si muove circolarmente è impossibile che abbia peso o leggerezza, perché ne secondo natura ne contro natura s'ammette che esso possa muoversi o verso il centro o in direzione opposta al centro. Secondo natura esso non può avere il moto rettilineo: uno solo era difatti il moto naturale di ciascuno dei corpi semplici, per modo che esso verrebbe ad identificarsi con uno dei corpi che si muovono dei moti suddetti. Posto invece che di un tal moto si muova contro natura, se per esso è contro natura il moto verso il basso, sarà secondo natura quello verso l'alto, e se è contro natura quello verso l'alto, sarà secondo natura quello verso il basso. S'era posto infatti che di due moti contrari, quando per un corpo l'uno è contro natura, l'altro è secondo natura. Ora, poi che è nella stessa direzione che si muovono secondo natura e il tutto e la parte, ad esempio tutta la terra ed una piccola zolla, ne consegue in primo luogo che il corpo circolare non ha ne leggerezza ne peso -nel caso contrario potrebbe muoversi secondo la sua propria natura o verso il centro o in direzione opposta al centro -, e in secondo luogo, che è impossibile che si muova di moto locale verso l'alto, oppure trascinato verso il basso; ne infatti secondo natura è possibile che esso si muova di un altro moto, ne contro natura, ne esso ne alcuna delle sue parti; la medesima ragione vale infatti così per il tutto come per la parte. Similmente, è conforme a ragione concepire questo corpo anche come ingenerato, incorruttibile e non soggetto ad accrescimento o alterazione, perché tutto ciò che diviene, diviene movendo da un contrario e in presenza di un sostrato, e parimenti si corrompe in presenza di un sostrato e sotto l'azione d'un contrario e passando a un contrario, come s'è detto nella prima parte della nostra trattazione; ma i contrari hanno anche moti contrari. Ma se non è possibile che questo corpo abbia un contrario, in quanto è escluso anche che vi possa essere un moto contrario alla traslazione circolare, a ragione la natura sembra aver escluso dal numero dei contrari ciò che doveva essere ingenerato [ed incorruttibile]; è nei contrari infatti che generazione e corruzione hanno luogo. E si deve anche considerare che tutto ciò che subisce accrescimento s'accresce - [e ciò che subisce diminuzione diminuisce] - per opera di qualcosa di congenere che gli s'aggiunge e si risolve nella sua materia; questo corpo invece, non v'è nulla da cui sia venuto ad essere. Ma se non è soggetto ad accrescimento e a diminuzione, cade sotto la stessa ragione concepirlo anche come inalterabile. L'alterazione infatti è un movimento secondo il 'quale’ ma gli abiti e le disposizioni propri del 'quale' non si producono senza i mutamenti secondo le affezioni, come ad esempio salute e malattia. E noi vediamo che tutti i corpi naturali soggetti a mutamenti secondo affezione, subiscono anche accrescimento e diminuzione, come ad esempio i corpi degli animali e le loro parti, e quelli delle piante: e così è anche per gli elementi. Per modo che, se il corpo circolare non ammette né accrescimento né diminuzione, è conforme a ragione che esso sia anche inalterabile. Che il corpo primo dunque è eterno, non s'accresce e non diminuisce, e non è soggetto ad invecchiamento, alterazione o altre affezioni, una volta accettate le premesse, risulta evidente da quanto ora esposto. E si può dire che, come il discorso che abbiamo fatto testimonia in favore dei fatti constatabili, così questi depongono a favore del nostro discorso; perché tutti gli uomini hanno qualche concetto degli dèi, e, barbari o Greci, quanti ritengono che vi siano degli dèi assegnano al divino la regione superiore. Questo evidentemente perché pensano che l'immortale debba andar congiunto con l'immortale, ne potrebbe essere altrimenti. Se dunque esiste una natura divina, come esiste, anche quanto ora si è detto intorno alla prima sostanza corporea è stato detto nel modo dovuto. E a questo si giunge, in maniera sufficientemente certa, anche attraverso l'attestazione del senso, almeno per quanto può essere certa la testimonianza umana. In tutto il tempo trascorso, infatti, stando a quanto si è tramandato dagli uni agli altri, appare che l'ultimo cielo non ha subito alcun mutamento, ne nel suo insieme, ne in alcuna delle parti ad esso proprie. Ed anche il suo nome pare che dagli antichi si sia tramandato fino ai nostri giorni, concependolo essi al modo stesso che anche noi diciamo; non una volta sola, né due, ma ripetute volte si deve infatti ritenere che le medesime credenze giungano fino a noi. Considerando il corpo primo come un'altra sostanza oltre a terra, fuoco, aria e acqua, essi chiamarono il luogo eccelso etere, e gli diedero questo nome perché esso corre sempre nell'eternità del tempo. Anassagora invece si serve di questo nome impropriamente, perché chiama etere ciò che dovrebbe chiamar fuoco. Da quanto esposto risulta anche evidente che il numero di quelli che si sogliono dire corpi semplici non può eccedere da quello da noi stabilito; perché il moto dei corpi semplici è di necessità semplice, ma semplici noi diciamo solo il moto circolare e quello rettilineo, e di questo le due parti, quello dal centro e quello verso il centro.

Aristotele, Del cielo, I, 2, 268b 10 – 3, 270b 10, trad. it. in Opere, Laterza, Roma-Bari 1993, vol. 3

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