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Eraclide Pontico e il pitagorico Ecfanto fanno muovere la Terra, facendola però non spostare, ma ruotare, al modo di una ruota fissata su un asse, da occidente verso oriente attorno al proprio centro.
Eusebio, Praeparatio evangelica, XV, 58, 3, trad. it. in F.F. Repellini (a cura di), Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980, p. 251
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Eraclide Pontico pensava che, assumendo che la Terra stia al centro e ruoti e che il cielo stia fermo, si salvino i fenomeni.
Simplicio, In Aristotelis de Caelo commentaria, Reimer, Berlino 1894, p. 519, trad. it. in F.F. Repellini (a cura di), Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980, p. 251
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Ci sono stati alcuni, come Eraclide Pontico e Aristarco, i quali supposero che i fenomeni potevano essere salvati se il cielo e le stelle sono in quiete, mentre la terra si muove da occidente intorno ai poli del cerchio equinoziale, completando ogni giorno una rivoluzione.
Simplicio, In Aristotelis de Caelo commentaria, Reimer, Berlino 1894, pp. 444-445, trad. it. in F.F. Repellini (a cura di), Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980, p. 251
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Aristarco di Samo, poi, espose per iscritto alcune ipotesi, secondo le quali si ricava che il cosmo è più volte maggiore di quello suddetto. Suppone infatti che le stelle fisse e il Sole rimangano immobili, e che la Terra giri, seguendo la circonferenza di un cerchio, intorno al Sole, che sta nel mezzo dell'orbita; e che la sfera delle stelle fisse, intorno allo stesso centro del Sole, abbia tale grandezza che il cerchio, lungo il quale suppone che giri la Terra, abbia rispetto alla distanza delle stelle fisse la stessa proporzione che il centro della sfera ha rispetto alla superficie. È ben chiaro che questo è impossibile: infatti, poiché il centro della sfera non ha alcuna grandezza, non si può pensare che abbia alcun rapporto rispetto alla superficie della sfera. Ma si può ritenere che Aristarco intendesse questo: poiché supponiamo che la Terra sia come il centro del cosmo, lo stesso rapporto che la Terra ha rispetto a quel che chiamiamo cosmo, abbia la sfera sulla quale è il cerchio secondo il quale suppone che la Terra ruoti, rispetto alla sfera delle stelle fisse: infatti egli adatta le dimostrazioni dei fenomeni a una supposizione di tal genere, e soprattutto sembra che egli supponga la grandezza della sfera, sopra la superficie della quale si fa motore la Terra, eguale a quello che noi chiamiamo cosmo. Dico poi che, se si generasse una sfera fatta di granelli di sabbia, di grandezza tale quale Aristarco suppone che sia la sfera delle stelle fisse, anche in questo caso si potrebbe dimostrare che alcuni dei numeri aventi una denominazione, dei quali abbiamo parlato in principio, superano in quantità il numero che esprime la grandezza di sabbia contenuta nella suddetta sfera.
Archimede, Arenario, Brill, Leiden 1956, 1, trad. it. in F.F. Repellini (a cura di), Cosmologie greche, Loescher, Torino 1980, pp. 252-253.