Platone
L’argomento dell’invecchiamento

E i giorni e le notti e i mesi e gli anni, che non erano prima che il cielo nascesse, fece allora in modo che anch'essi potessero nascere, mentre creava quello. Tutte queste sono parti di tempo, e l' ‘era’ e il ‘sarà’ sono forme generate di tempo, che noi inconsapevolmente riferiamo a torto all'eterna essenza. Invero noi diciamo ch'essa era, che è e che sarà, e tuttavia solo l' ‘è’ le conviene veramente, e l'‘era’ e il ‘sarà’ si devono dire della generazione che procede nel tempo: perchè sono movimenti, mentre quello, che è sempre nello stesso modo immobilmente, non conviene che col tempo diventi né più vecchio né più giovine, né che sia stato mai, né che ora sia, né che abbia ad essere nell'avvenire; niente insomma gli conviene di tutto ciò che la generazione presta alle cose che si muovono nel sensibile, ma sono forme del tempo che imita l'eternità e si muove in giro secondo il numero.

Platone, Timeo, X, 37d-38a, trad. it. in Opere, Laterza, Roma-Bari 1986, vol. 6

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