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E prima di tutto, che fuoco e terra e acqua e aria siano corpi, è chiaro ad ognuno. Ma ogni specie di corpo ha anche profondità; e la profondità è assolutamente necessario che contenga in se la natura del piano, e una base di superficie piana si compone di triangoli. Tutti i triangoli poi derivano da due triangoli, ciascuno dei quali ha un angolo retto e due acuti: e I 'uno di questi triangoli ha da ogni parte una porzione eguale d'angolo retto diviso da lati eguali, e l'altro due parti diseguali d'angolo retto diviso da lati diseguali. Quest'origine noi assegnamo al fuoco e agli altri corpi, seguendo la ragione verosimile congiunta con la necessità: quanto ai principi superiori a questi, li sa dio e degli uomini quello che gli è caro. Ora bisogna dire quali siano i quattro bellissimi corpi, dissimili fra loro, dei quali alcuni sono capaci, dissolvendosi, di generarsi reciprocamente. E se scopriamo, abbiamo la verità intorno alI'origine della terra e del fuoco e dei corpi che secondo proporzione stanno in mezzo. Perché non accorderemo a nessuno che vi siano corpi visibili più belli di questi, che formano ciascuno un genere a se. Conviene dunque procurare di comporre queste quattro specie di corpi insigni per bellezza, e allora diremo d'aver compreso sufficientemente la loro natura. Dei due triangoli l'isoscele ha sortito una sola forma. Lo scaleno infinite. Pertanto di queste forme infinite dobbiamo scegliere la più bella, se vogliamo cominciare convenientemente. E se alcuno ce ne può dire una più bella, scelta da lui, per la composizione di questi corpi, egli vince non come nemico, ma come amico. Noi dunque dei molti triangoli, trascurando gli altri, ne poniamo uno come il più bello, quello che ripetuto forma un terzo triangolo, ch'è equilatero. Dirne il perché, sarebbe troppo lungo: ma a chi contraddice questo, e trova che non è così, è riservata come premio la nostra amicizia. Dunque i due triangoli scelti, dei quali sono stati fatti i corpi del fuoco e degli altri elementi, siano l'isoscele e quello che ha sempre il quadrato del lato maggiore triplo del quadrato del minore. Ma ora occorre definire meglio quello che prima fu detto oscuramente. Perché le quattro specie ci pareva che tutte si generassero l'una dall'altra: ma questa non era concezione esatta. In verità dai triangoli che abbiamo scelto, nascono quattro specie, ma tre da quel solo, che ha i lati diseguali, e la quarta è formata essa sola dal triangolo isoscele. Non possono dunque tutte, dissolvendosi le une nelle altre, da molte piccole diventare poche grandi, e viceversa: ma quelle tre sì. Perché, essendo tutte derivate da un solo triangolo, dissolvendosi le più grandi, se ne formeranno molte piccole, che accolgono le forme ad esse convenienti, e quando invece molte piccole si dividono in triangoli, facendosi un solo numero di una sola massa, possono costituire un'altra specie grande. E questo basti della reciproca trasformazione delle specie. Ora segue che noi diciamo come si è formata ciascuna specie di essi e dal concorso di quanti numeri. E si comincerà dalla prima specie, ch'è la più semplicemente costituita: elemento di essa è il triangolo che ha l'ipotenusa doppia del lato minore. Se si compongono insieme due siffatti triangoli secondo la diagonale, e questo si ripete tre volte, di modo che le diagonali e i lati piccoli convergano nello stesso punto, come in un centro, nasce di sei triangoli un solo triangolo equilatero: e se quattro triangoli equilateri si compongono insieme, formano per ogni tre angoli piani un angolo solido, che viene subito dopo il più ottuso degli angoli piani. E di quattro angoli siffatti si compone la prima specie solida che può dividere l'intera sfera in parti eguali e simili. La seconda poi si forma degli stessi triangoli, riuniti insieme in otto triangoli equilateri, in modo da fare un angolo solido di quattro angoli piani: e ottenuti sei angoli siffatti, il secondo corpo ha così il suo compimento. La terza specie è poi formata di centoventi triangoli solidi congiunti insieme e di dodici angoli solidi, compresi ciascuno da cinque triangoli equilateri piani, ed ha venti triangoli equilateri per base. E l'uno dei due elementi, dopo aver generato queste figure, aveva cessato l'opera sua. Ma il triangolo isoscele generò la natura della quarta specie, componendosi insieme quattro triangoli isosceli, con gli angoli retti congiunti nel centro, in modo da formare un tetragono equilatero: sei di questi tetragoni equilateri commessi insieme compirono otto, angoli solidi, ciascuno dei quali deriva dalla combinazione di tre angoli piani retti. E la figura del corpo risultante divenne cubica, con una base di sei tetragoni equilateri piani. Restava una quinta combinazione, e dio se ne giovò per decorare 1'universo.
Se alcuno, considerando attentamente tutte queste cose, dubitasse se convenga dire che i mondi siano di numero illimitato o limitato, potrebbe giudicare veramente che il crederli di numero illimitato sia degno di chi conosce in modo limitato quelle cose che occorre sapere senza limiti: ma se convenga dire che ve n'è uno solo o che veramente ne furono generati cinque, chi ponesse così la questione, potrebbe più giustamente dubitare. Pertanto la nostra opinione dice che, secondo ragione verosimile, ne fu generato uno solo, ma un altro forse per altre considerazioni la penserà diversamente. Ma questo lasciamolo andare, e le specie prodotte ora col ragionamento distribuiamole in fuoco, terra, acqua e aria. E alla terra diamo la figura cubica: perché delle quattro specie la terra è la più immobile, e dei corpi il più plasmabile. Ed è sopra tutto necessario che tale sia quel corpo che ha le basi più salde. Ora dei triangoli posti da principio, è più salda naturalmente la base di quelli a lati eguali che di quelli a lati diseguali, e quanto alle figure piane, che compongono ciascuna di queste specie di triangoli, il tetragono equilatero, tanto nelle parti che nel tutto, è di necessità più solidamente assiso del triangolo equilatero. Perciò conserviamo la verosimiglianza, attribuendo questa forma alla terra, e poi all'acqua la forma meno mobile delle altre, al fuoco la più mobile, e all'aria l’intermedia: e così il corpo più piccolo al fuoco, il più grande all'acqua, e l'intermedio all'aria, e inoltre il più acuto al fuoco, il secondo per acutezza all'aria, il terzo all'acqua. Ora di tutte queste forme, quella che ha il minor numero di basi è necessariamente la più mobile per natura, perché è la più tagliente e in ogni sua parte la più acuta di tutte, ed è anche la più leggera, essendo costituita del minor numero delle medesime parti, e così la seconda ha in secondo grado tutte queste qualità, e in terzo grado la terza. Sia dunque, conforme a retta e verosimile ragione, la figura solida della piramide elemento e germe del fuoco, e diciamo la seconda per generazione quella dell'aria, e la terza quella dell'acqua. E tutti questi elementi bisogna concepirli così piccoli che nessuna delle singole parti di ciascuna specie possa essere veduta da noi per la sua piccolezza, ma, riunendosene molte insieme, si vedano le loro masse. E quanto poi ai rapporti dei numeri, dei movimenti e delle altre proprietà, dio, dopo aver in ogni parte compiuto queste cose con esattezza, fino a che lo permetteva la natura della necessità spontanea o persuasa, collocò dappertutto la proporzione e l'armonia.
Platone, Timeo, XX 53c – XXI 56c, in Opere, Laterza, Roma-Bari 1986, vol. 6