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SOCR. Ma dicendo 'uso' credi di dire qualcosa di diverso da 'convenzione'? Oppure dici che l'uso sia qualcos'altro e non il fatto che io, quando pronuncio questa parola, intendo quella cosa e tu capisci che io intendo quella cosa? Non dici questo? CRAT. Sì. SOCR. E dunque se, quando io pronuncio una parola, tu capisci, ha luogo da parte mia un’indicazione. CRAT. Sì. SOCR. E, comunque, in virtù del dissimile da quel che intendo io che pronuncio, se il làmbda è dissimile da quella che tu dici skleròtes; ma se è così, cos'altro vuol dire se non che tu stesso hai convenuto con te stesso e che per te la correttezza del nome diventa convenzione, dal momento che hanno capacità di indicare sia le lettere simili sia le dissimili, quando entrano nell'uso e nella convenzione? Ma se l'uso non è affatto convenzione, non sarebbe giusto dire che la somiglianza è l’indicazione, bensì l'uso: infatti, a quanto pare, questo mostra con il simile e con il dissimile. E poiché concordiamo su questo, Cratilo, - prenderò, infatti, il tuo silenzio per consenso - è necessario che in qualche modo convenzione e uso contribuiscano all'indicazione delle cose che intendiamo noi che parliamo.
Platone, Cratilo, 439a - b
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(* rispetto alla traduzione del Cratilo qui impiegata (quella elettronica curata da G. Giannantoni e relativa all’edizione a stampa in Platone, Opere complete, Laterza, Roma-Bari 1971) abbiamo preferito il termine ‘indicazione’ a ‘ostensione/fatto ostensivo” sia per chiarezza che per coerenza nell’uso del lessico)
SOCRATE: Se dunque da un lato c'è modo di imparare quanto più possibile le cose tramite i nomi, ma dall'altro c'è anche modo di farlo per mezzo di loro stesse, quale dei due sarà l'apprendimento migliore e più chiaro? Apprendere dall'immagine l'adeguatezza dell'immagine stessa e la verità della quale è immagine, oppure apprendere dalla verità la verità stessa e la sua immagine, se sia stata realizzata in modo adeguato? CRATILO. Necessariamente dalla verità, mi sembra. SOCR. Conoscere in qual modo dunque si debbano imparare o trovare le cose che sono è forse compito più grande di me e di te: dobbiamo però rallegrarci anche solo di aver concordato questo: che non dai nomi, ma esse stesse da loro stesse sono da imparare e da cercare, molto più che dai nomi. CRAT. Sembra, Socrate.
Platone, Cratilo, 434e - 435b