Aristotele
Contro Platone e la successione fissa delle costituzioni

Nella Repubblica Socrate parla sì delle trasformazioni delle costituzioni, ma non parla bene: infatti, della costituzione che è la migliore e la prima non dice quel che è propriamente la trasformazione. Egli sostiene che la causa è in ciò che niente perdura ma tutto si trasforma in un certo ciclo e (origine è nel fatto che "di questi numeri il primo rapporto epitrito, accoppiato al numero cinque, produce due armonie" - vuol dire, cioè, quando il numero di questa figura diventa solido, ché allora la natura genera esseri ignobili e superiori a ogni educazione. In questo forse non sbaglia (può darsi infatti che ci siano taluni che è impossibile ricevano un'educazione e diventino uomini perbene) ma perché questa trasformazione dovrebb'essere propria della costituzione da lui detta la migliore, più che di qualunque altra, e, anzi, di tutto quanto si produce? Ed è per il tempo, per il quale egli dice tutto cambia, che pure le cose che non hanno iniziato a esistere insieme, cambiano tuttavia insieme ? ad es., se vennero alla luce il giorno prima della rivoluzione, devono mutare insieme? Inoltre, per quale motivo da questa costituzione si passa a quella laconica ? Infatti, tutte le costituzioni si trasformano più di frequente in quella contraria che in quella affine. Lo stesso ragionamento vale per le altre trasformazioni: dalla costituzione laconica, egli dice, si passa all'oligarchia, da questa alla democrazia e dalla democrazia alla tirannide. Eppure le trasformazioni avvengono anche in senso opposto, ad es. dalla democrazia nell'oligarchia, e ben più che nella monarchia.
Inoltre a proposito della tirannide egli non dice se sarà soggetta a trasformazioni e, nel caso lo sia, per quale ragione e in quale forma di costituzione passi. II motivo è che non era facile dirlo, giacché non è determinabile: secondo lui, infatti, la tirannide deve passare nella forma prima e migliore di costituzione: in tal modo si avrebbe continuità e un ciclo perfetto. E invece la tirannide si trasforma anche in tirannide, come a Sicione quella di Mirone si mutò in quella di Clistene, o in oligarchia, come la tirannide di Antileone a Calcide, o in democrazia come quella dei discendenti di Gelone a Siracusa, o in aristocrazia, come quella di Carillo a Sparta e quella a Cartagine. E c'è una trasformazione dall'oligarchia nella tirannide, come è successo in Sicilia alla maggior parte delle antiche oligarchie; così a Lentini si passò nella tirannide di Panezio, a Gela in quella di Oleandro, a Reggio in quella di Anassilao, e allo stesso modo in molte altre città. È pure assurdo credere che si passi nell'oligarchia perché hanno le cariche uomini avidi di ricchezze e di lucro e non perché quelli che superano di gran lunga gli altri per la proprietà non ritengono giusto che chi non possiede niente abbia nello stato gli stessi diritti di chi possiede. In molte oligarchie quelli che stanno al governo non possono darsi agli affari, anzi ci sono leggi che lo vietano, mentre a Cartagine retta a democrazia, si danno agli affari e la costituzione non si è ancora trasformata.
È anche assurdo sostenere che lo stato oligarchico sia formato di due stati, quello dei ricchi e quello dei poveri. Che cosa ha questo stato più di quello lacedemone o di un altro qualunque in cui non possiedono tutti lo stesso o non sono tutti uomini eccellenti nella stessa misura ? Pur se nessuno diventa più povero di prima si ha nondimeno un mutamento dall'oligarchia nella democrazia se i poveri crescono di numero, e dalla democrazia nell'oligarchia, se la classe dei ricchi è più forte della massa e gli uni si mostrano indifferenti, gli altri energici. Pur essendo molte le cause per cui si verificano i mutamenti, egli non ne ricorda che una e cioè che rovinati dalle gozzoviglie e dall'usura diventano poveri, quasi che da principio fossero tutti ricchi o la maggior parte. Questo è una falsità: certo, quand'uno dei capi perde i suoi beni, va in cerca di novità, ma un altro, non succede mente di grave e non si ha quando li perde trasformazione alcuna dello stato in democrazia né tanto meno in altro regime. Inoltre, anche se vengono esclusi dagli onori, anche se vengono oltraggiati o insultati, fanno ribellioni e trasformano le costituzioni, anche se non hanno sperperato le loro sostanze, perché è ad essi lecito fare ciò che vogliono: causa di questo egli dice l’eccessiva libertà. Sebbene ci siano molte forme di oligarchia e d' democrazia, Socrate parla delle trasformazioni, come se l’una e l’altra forma fossero di un'unica specie.

Aristotele, Politica, 1316 a 1 – 1316 b 27, trad. it. in Opere, Laterza, Roma-Bari 1993, vol. 9

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