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AGOSTINO. Tu cerchi di sapere da dove abbia origine l’agire male; perciò in primo luogo bisogna discutere che cosa sia fare il male; esprimi la tua opinione in merito. E se non riesci a esporla concisamente, fammela capire facendo almeno qualche esempio di azioni malvage.
EVODIO. Tutti pensano che gli adulteri, gli omicidi e i sacrilegi siano azioni malvage e non parliamo delle altre, dato che non ne abbiamo il tempo né la possibilità.
AGOSTINO. Dimmi anzitutto perché pensi che l'adulterio sia un'azione malvagia; forse perché la legge lo proibisce?
EVODIO. Certamente non è male perché è proibito dalla legge, ma è proibito dalla legge perché è male.
AGOSTINO. Ma qualcuno potrebbe accendere il nostro desiderio con la descrizione dei piaceri dell'adulterio e chiederci il motivo per cui lo riteniamo un male e degno di condanna: pensi forse che quando si desidera non solo credere, ma anche comprendere, ci si possa richiamare all'autorità.della legge? E tuttavia sono d'accordo con te, credo con convinzione, e proclamo a voce alta che tutti i popoli e le nazioni devono ammettere che l'adulterio è un male.
Ma adesso vogliamo conoscere e avere conoscenza certa con la ragione di quello che abbiamo accettato per fede. Sforzati dunque di pensare e dimmi con quale ragionamento sei giunto a conoscere che l'adulterio è un male.
EVODIO. So che è male, poiché non lo tollererei in mia moglie. E chi fa agli altri quello che non vuole gli sia fatto agisce male.
AGOSTINO. Ma un uomo potrebbe essere così dissoluto da cedere la propria moglie a un altro e permettere che questi la possieda perché vuole poter fare lo stesso sulla moglie dell'altro; in questo caso ti sembra che non agisca male?
EVODIO. Al contrario moltissimo.
AGOSTINO. Ma costui, secondo la tua definizione, non pecca; infatti non fa quello che non vuole gli sia fatto. Devi quindi trovare un'altra ragione per sostenere che l'adulterio è un male.
EVODIO. A me pare un male, poiché ho spesso potuto vedere che gli uomini vengono puniti per questo crimine.
AGOSTINO. Però ci sono molti casi di uomini condannati per azioni giuste. Ti ricordo soltanto la storia che proviene dall'autorità divina; scoprirai che se accetti la condanna come segno delle azioni malvage devi ritenere malvagi gli apostoli e i martiri; invece tutti costoro sono stati condannati a causa della loro fede.
Aurelio Agostino, De libero arbitrio, I, 3, 6-7, in La felicità. La libertà, tr. it. di R. Fedriga e S. Puggioni, Rizzoli-Bur, Milano 1997, pp. 100-103
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AGOSTINO. Nessun essere ragionevole può pensare che la legge designata come norma suprema non sia immutabile ed eterna. Essa richiede sempre obbedienza, decide che i malvagi meritano l'infelicità e i buoni la felicità e in accordo a essa viene promulgata e cambiata con giustizia la legge temporale. O forse vi Sono casi in cui è ingiusto che i malvagi siano infelici e i buoni, invece, felici? O che un popolo onesto e giusto elegga i propri magistrati, mentre uno corrotto e ingiusto non possa farlo?
EVODIO. Mi rendo conto che questa legge è eterna e immutabile.
AGOSTINO. Sai anche, penso, che gli uomini hanno derivato dalla legge eterna tutto quello che è giusto e legittimo nella legge temporale. Se un popolo, talvolta giustamente, elegge i magistrati, e tal’altra giustamente non li elegge, questo mutamento nel tempo, per essere giusto, proviene dall’eternità dove è sempre giusto che un popolo onesto elegga i magistrati e un popolo disonesto non li elegga. O ti sembra che le cose stiano diversamente?
EVODIO. No, sono d’accordo con te.
AGOSTINO. Dunque devo definire con poche parole, per quanto posso, la nozione di legge eterna che abbiamo impressa in noi; essa è la legge secondo cui è giusto che tutte le cose siano perfettamente ordinate. Se non sei d'accordo, dillo.
EVODIO. Ciò che dici è vero e non ho obiezioni.
AGOSTINO. Dunque la legge da cui provengono tutte le diverse leggi temporali che governano gli uomini è una sola; è forse possibile che anche lei sia mutevole?
EVODIO. Mi è chiaro che è impossibile; infatti nessuna forza, nessun evento, nessuna corruzione delle cose potranno mai far sì che non sia giusto che il tutto sia perfettamente ordinato.
Aurelio Agostino, De libero arbitrio, I, 6, 15, in La felicità. La libertà, tr. it. di R. Fedriga e S. Puggioni, Rizzoli-Bur, Milano 1997, pp. 114-117