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Attenendoci a queste conclusioni, dobbiamo ora passare allo studio del tempo, ed è anzitutto opportuno cercar di risolvere tale questione anche per mezzo di discorsi esoterici, per determinare se esso rientri nel numero delle cose esistenti o di quelle non esistenti e, quindi, per definirne la natura. Che esso non esista affatto o che la sua esistenza sia oscura e appena riscontrabile, lo si potrebbe sospettare da quanto segue. Una parte di esso è stata e non è più, una parte sta per essere e non è ancora. E di tali parti si compone sia il tempo nella sua infinità sia quello che di volta in volta viene da noi assunto. E sembrerebbe impossibile che esso, componendosi di non-enti, possegga un'essenza. Oltre a ciò è necessario che, se c'è un tutto divisibile in parti, dal momento che esso c'è, ci siano anche o tutte le parti o alcune. Ma del tempo alcune parti sono state, altre sono per essere, ma nessuna è, sebbene esso sia divisibile in parti. Si tenga anche presente che l'istante non è una parte: infatti la parte ha una misura, e il tutto deve risultare composto di parti, mentre il tempo non sembra essere un insieme di istanti. Inoltre, non è facile vedere se l'istante, che sembra discriminare il passato e il futuro, permanga sempre unico ed identico oppure diventi sempre diverso. Se, pertanto, esso è sempre diverso e se nell'estensione temporale nessuna parte che sia sempre diversa può coesistere con un'altra (a meno che non si trovino per assurdo nella relazione di contenente-contenuto, come un tempo più breve è contenuto da uno più lungo), allo stesso modo che quella parte ora non più esistente, ma esistente prima, a un certo momento è trapassata, così anche gli istanti non saranno simultanei tra loro, ma risulterà sempre necessario che l'istante precedente sia trapassato. Esso, però, non può esser trapassato in se stesso, per il fatto che esso in tal caso esisterebbe ancora, né è possibile, d'altra parte, che l'istante precedente sia trapassato in un altro istante. In realtà, si deve ritenere impossibile che gli istanti siano continui tra loro, come è impossibile la continuità tra punto e punto. Se, poi, si ammette che un istante non sia trapassato in quello consecutivo ma in un altro, esso, allora, esisterebbe simultaneamente con gli istanti interposti, che sono infiniti: ma questo è impossibile. Ma neppure è possibile che esso permanga sempre medesimo: infatti, di nessuna cosa divisibile che sia finita, vi è un solo limite, tanto se essa sia continua rispetto a una sola cosa quanto se lo sia rispetto a più cose: ma l'istante è un limite, ed è possibile assumere un tempo finito. Inoltre, poiché la coesistenza temporale, ossia il non esser né prima né dopo, significa l'esser nel medesimo tempo e nell'istante, se si ammettesse la coincidenza di ciò che è prima e di ciò che è poi nello stesso istante, allora indubbiamente le cose avvenute diecimila anni fa sarebbero simultanee con quelle avvenute oggigiorno, e nessuna cosa sarebbe né prima né dopo in relazione ad un'altra. Circa le proprietà del tempo, basti per ora porre queste difficoltà. Che cosa, poi, sia il tempo e quale la sua natura non ci viene chiaramente indicato dalle soluzioni tramandateci da altri, specialmente se si tengono presenti quelle questioni delle quali poco fa siamo venuti a discorrere. Alcuni, infatti, sostengono che esso è il movimento dell'universo, altri che è la stessa sfera. Orbene, anche la parte del movimento circolare è un certo tempo, ma non lo stesso movimento circolare è tempo, giacché, in quel caso, ciò che è stato assunto è solo parte del movimento circolare e non già vero e proprio movimento circolare. Inoltre, se i cieli fossero di più, anche il tempo sarebbe il movimento di qualsivoglia di essi, sicché più tempi sarebbero simultanei. D'altronde, ai sostenitori di tale dottrina è sembrato che il tempo sia la sfera del tutto, per il fatto che tutte le cose sono nel tempo e nella sfera del tutto: ma questa loro asserzione è troppo semplicistica, perché se ne debbano rilevare le impossibili conseguenze. Ma poiché il tempo par che sia soprattutto un certo movimento e un certo cangiamento, bisognerebbe proprio su questo fermare l'attenzione. Intanto, però, il cangiamento e il movimento di ciascuna cosa sono soltanto nella cosa che cangia, o anche là dove venga a trovarsi la stessa cosa mossa e cangiante: il tempo, invece, è parimenti in ogni luogo e presso ogni cosa. Inoltre, ogni cangiamento è più veloce e più lento, mentre il tempo no: infatti il veloce e il lento sono determinati dal tempo; e veloce è ciò che si muove molto in breve tempo, lento è ciò che si muove poco in molto tempo: il tempo, invece, non è determinato dal tempo né nella sua essenza quantitativa né in quella qualitativa. Che, dunque, il tempo non sia movimento, è chiaro; e, almeno per ora, non poniamo alcuna differenza tra il dir ‘movimento’ e il dir ‘cangiamento’.
Aristotele, Fisica, IV, 10, trad. it. in Opere, Laterza, Roma-Bari 1993, vol. 3