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Possiamo renderci conto della saggezza, osservando quali persone noi chiamiamo sagge. Sembra dunque che sia proprio del saggio il saper deliberare bene intorno alle cose che sono per lui buone e giovevoli, non in particolare (ad esempio quali cose siano buone e giovevoli per la salute o la forza), bensì quali lo siano in generale per vivere bene. Prova ne è che noi chiamiamo saggi anche quelli che lo sono intorno a qualche cosa particolare, quando ragionino bene per un fine buono, nelle cose in cui non interviene l’arte. Cosicché in generale chi delibera bene è anche saggio. Nessuno poi delibera intorno alle cose che non possono esser altrimenti, né intorno a quelle che non gli è dato di compiere; cosicché, se la scienza s’accompagna alla dimostrazione e non vi è dimostrazione di ciò i cui principi possono essere altrimenti (in tal caso, infatti, tutto può essere altrimenti), e se non è possibile deliberare intorno alle cose che sono necessariamente, allora la saggezza non può essere né scienza, né arte: non sarà scienza perché l’oggetto dell’azione può esser altrimenti da quel che è, non sarà arte perché diverso è il genere dell’azione e quello della creazione. Resta ch’essa sia una disposizione pratica, accompagnata da ragione verace, intorno a ciò che è bene e male per l’uomo. Infatti della creazione artistica v’è un fine diverso da essa stessa, dell’azione invece non ci può essere: il fine è infatti la stessa bontà dell’azione. Per questo riteniamo che siano saggi Pericle e gli uomini simili, per il fatto che sanno vedere quali sono i beni per loro e per gli uomini; e noi pensiamo che tali debbano essere gli uomini che governano la famiglia e lo stato. Perciò si dice che Anassagora e Talete e siffatti uomini sono sapienti e non saggi, giacché si vede che non conoscono ciò che giova a loro stessi, mentre si dice che conoscono cose eccezionali, meravigliose, difficili, e sovrumane, ma inutili, giacché essi non indagano intorno ai beni umani. Invece la saggezza riguarda le cose umane e ciò intorno a cui è possibile deliberare; e diciamo che compito dell’uomo saggio è soprattutto il deliberare bene; e nessuno delibera intorno alle cose che non possono essere altrimenti, né intorno a quelle di cui non vi è un dato fine, tale che sia un bene realizzabile. E bravo nel deliberare in senso assoluto è chi, seguendo il ragionamento, sa mirare al migliore dei beni realizzabili per l’uomo. La saggezza poi non è soltanto dell’universale, bensì deve conoscere anche i particolari: essa infatti riguarda l’azione, e l’azione riguarda i casi particolari. Perciò vi sono qui, come in altri campi, alcuni, gli empirici, che, pur non avendo conoscenza, sono più abili nella pratica che gli altri che hanno conoscenza; infatti, se uno sa che le carni leggere sono facili a digerirsi e salutari, ma ignora quali siano le carni leggere, non produrrà la salute, bensì la produrrà piuttosto colui che sa che le carni di uccello sono leggere. Quindi la saggezza riguarda l’azione; cosicché essa deve sapere entrambe le cose, l’universale e il particolare, ma soprattutto questo.
Aristotele, Etica Nicomachea, I, 5, 1140a 24-1141b 22, trad. it. di A. Plebe, Laterza, Roma – Bari 1993, pp. 196-199