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Si rilegga Platone, il più grande dei filosofi che, secondo la testimonianza dei santi padri, più di tutti i filosofi pagani si è avvicinato alla fede cristiana e, dopo i profeti, ha chiaramente insegnato gli aspetti essenziali della trinità, nel punto in cui sostiene che l'intelligenza, che egli chiama nous, è nata da Dio ed è a lui coeterna; cioè che il Figlio, che noi chiamiamo sapienza, è eternamente generato dal Padre. Egli non sembra aver dimenticato la persona dello Spirito santo, quando sostiene che l'anima del mondo è la terza persona dopo Dio e il nous […] Ad un esame più accurato non sfugge che quanto questo filosofo e gli altri sostengono riguardo a quest'anima, non può che essere attribuito allo Spirito santo, che viene così designato attraverso un mito straordinario. Questo modo di esprimersi è assai familiare sia ai filosofi che ai profeti; questi ultimi, quando raggiungono i misteri della profezia, non li sviliscono con parole comuni, ma invogliano maggiormente il lettore con i paragoni della similitudine. Infatti le cose che sembrano fantasiose e lontane da qualsiasi utilità, finché ci si ferma alla lettera del testo, vengono accolte con maggiore interesse dopo aver scoperto che sono colme di grandi misteri e racchiudono un insegnamento profondo e istruttivo. Secondo la testimonianza di Agostino, esse vengono velate perché non perdano valore.
Pietro Abelardo, Teologia del sommo bene, I, 36-38, a cura di M. Rossini, Rusconi, Milano 1996