Agostino
I due amori

Due amori quindi hanno costruito due città: l'amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, l'amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé la città celeste. In ultima analisi, quella trova la gloria in se stessa, questa nel Signore. Quella orca la gloria tra gli uomini, per questa la gloria più grande è Dio, testimone della coscienza. Quella solleva il capo nella sua gloria, questa dice al suo Dio: Tu sei mia gloria e sollevi il mio capo. L'una, nei suoi capi e nei popoli che sottomette, è posseduta dalla passione del potere; nell'altra prestano servizio vicendevole nella carità chi è posto a capo provvedendo, e chi è sottoposto adempiendo. La prima, nei suoi uomini di potere, ama la propria forza; la seconda dice al suo Dio: Ti amo, Signore, mia forza.
Nella prima città, perciò, i sapienti, che vivono secondo l'uomo, hanno cercato i beni del corpo o dell'anima o tutti e due; oppure quanti hanno potuto conoscere Dio non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti (cioè gonfiandosi nella loro sapienza sotto il potere dell'orgoglio), sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio con l'immagine e la figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili (nella pratica di questa idolatria essi sono stati alla testa dei popoli o li hanno seguiti). Hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli. Nell'altra città invece non v'è sapienza umana all'infuori della pietà, che fa adorare giustamente il vero Dio e che attende come ricompensa nella società dei santi, uomini e angeli, che Dio sia tutto in tutti.
Molti hanno pensato, detto e scritto molte cose intorno alla felicità del paradiso, al paradiso stesso ed alla vita dei primi uomini, intorno al loro peccato ed alla loro condanna. Anche noi nei libri precedenti abbiamo parlato di queste cose attenendoci all'autorità della Sacra Scrittura, secondo ciò che abbiamo letto o che abbiamo potuto comprendere in essa. In una ricerca però che voglia essere più articolata sorgono molteplici e svariati problemi, con cui si potrebbero riempire innumerevoli volumi, più di quanto si pretende in quest'opera e con il tempo che abbiamo a disposizione, che non ci permette di soffermarci su tutti gli interrogativi che possono venire da uomini pedanti e liberi da occupazioni, più pronti a domandare che capaci di comprendere.
Ritengo tuttavia di aver già posto problemi notevoli e molto ardui sull'inizio del mondo o dell'anima o del genere umano; quest'ultimo l'abbiamo diviso in due generi, l'uno formato da coloro che vivono secondo l'uomo, l'altro da coloro che vivono secondo Dio. In senso mistico le chiamiamo anche due città, cioè due società umane, delle quali l'una è predestinata a regnare in eterno con Dio, l'altra a subire il supplizio eterno con il diavolo. Ma questo riguarda la loro fine, di cui si dovrà parlare in seguito. Ora invece, poiché abbiamo parlato abbastanza della loro origine, sia negli angeli, di cui ignoriamo il numero, sia nei primi due uomini, mi pare che si debba affrontare il loro sviluppo, da quando cioè quei primi due uomini cominciarono a procreare, sino a quando non cesseranno. Tutto questo tempo, o secolo, in cui a chi muore succede chi nasce, costituisce lo sviluppo di queste due città, di cui stiamo parlando.
Da quei due progenitori del genere umano, per primo nacque Caino, che appartiene alla città degli uomini; poi nacque Abele, che appartiene alla città di Dio. In quell'unico uomo quindi possiamo verificare le parole dell'Apostolo: Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale e poi lo spirituale. Di conseguenza, ciascuno, in quanto nasce da una progenie condannata, necessariamente deve nascere anzitutto da un Adamo cattivo e carnale; se poi rinascendo in Cristo avanzerà, sarà in seguito buono e spirituale. Lo stesso accade in tutto il genere umano: quando anzitutto queste due città nel nascere e nel morire cominciarono a crescere, per primo nacque il cittadino di questo secolo, poi colui che è straniero in questo secolo ed appartiene alla città di Dio, predestinato e scelto dalla grazia, in virtù della grazia reso straniero sulla terra e cittadino nel cielo. Considerato in se stesso, egli proviene da quella massa che è tutta dannata sin dall'origine, ma Dio, come un vasaio (a proposito e non a sproposito l'Apostolo introduce questo paragone), ha fabbricato un vaso per un uso nobile ed un altro per un uso volgare. Prima è stato costruito il vaso per un uso volgare, poi l'altro, poiché, come ho già detto, nel medesimo uomo all'origine è la parte malvagia, da cui si deve necessariamente cominciare, senza però necessariamente rimanervi; viene poi la parte buona, da raggiungere gradualmente ed in cui restare una volta che è stata conseguita. Naturalmente non tutti gli uomini cattivi saranno buoni, mentre tutti i buoni sono stati cattivi. Ma quanto più si avanza nel bene, tanto più facilmente si avrà un nuovo nome, adatto a ciò che si è appreso e che nasconderà quello vecchio.
Sta scritto quindi che Caino ha fondato una città; Abele, invece, come uno straniero, non ha fondato nulla. Infatti la città dei santi è nel cielo, benché essa generi dei cittadini sulla terra, dove è presente in modo passeggero finché non giunga il tempo del suo regno, quando radunerà quelli che risuscitano nei loro corpi e sarà dato il regno promesso, dove essi regneranno senza fine assieme al loro principe, il Re dei secoli.

Agostino, La Città di Dio, l. XIV, 28-XV, 1, Rusconi, Milano 1990

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