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L'anima poi dio non la fece dopo il corpo, come noi che ora prendiamo a parlarne in ultimo, perché, dopo averli congiunti, non avrebbe lasciato che il più vecchio fosse governato dal più giovine. Ma noi che molto dipendiamo dalla sorte e dal caso, così anche a caso parliamo. Egli invero formò l'anima anteriore e più antica del corpo per generazione e per virtù, in quanto che essa doveva governare il corpo, e questo obbedirle, e la formò di tali elementi e in tal guisa. nell'essenza indivisibile e che è sempre nello stesso modo e di quella divisibile che si genera nei corpi. Di tutte e due formò, mescolandole insieme, una terza specie di essenza intermedia, che partecipa della natura del medesimo e di quella dell'altro, e così la stabilì nel mezzo di quella indivisibile e di quella divisibile per i corpi. E presele tutte e tre, le mescolò in una sola specie, congiungendo a forza col medesimo la natura dell'altro che ricusava di mescolarsi. E mescolando queste due nature con l'essenza, e di tre fatto di nuovo un solo intero, divise questo in quante parti conveniva, ciascuna delle quali era mescolata del medesimo, dell'altro e dell'essenza. Cominciò poi a dividere così: prima tolse dal tutto una parte, dopo di questa ne tolse una doppia di essa, e poi una terza ch'era una volta e mezzo la seconda e tre volte la prima, una quarta, doppia della seconda, una quinta, tripla della terza, una sesta, ottupla della prima, una settima, ventisette volte maggiore della prima. Dopo di ciò riempi gl'intervalli doppi e tripli, tagliando ancora di là altre parti e ponendole nei loro intervalli, di modo che in ciascuno intervallo ci fossero due medii, e l'uno avanzasse un estremo e fosse avanzato dall'altro della stessa frazione di ciascuno di essi, e l'altro avanzasse e fosse avanzato dallo stesso numero. E derivando da questi legami nei precedenti intervalli nuovi intervalli, cioè d'uno e mezzo, d'uno e un terzo e d'uno e un ottavo, riempii con l'intervallo d'uno e un ottavo tutti gl'intervalli d'uno e un terzo, e lasciò una particella di ciascuno di essi, di modo che l'intervallo lasciato di questa particella avesse i suoi termini nello stesso rapporto numerico fra loro come duecentocinquantasei sta a duecentoquarantatre. E così impiegò tutta quella mescolanza, donde tagliava queste parti. Pertanto, divisa in due nel senso della lunghezza tutta questa composizione e adattata l'una parte sull'altra nella loro metà in forma di una X, le piegò in giro nello stesso punto, collegando ciascuna con se stessa e con 1'altra dirimpetto alla loro intersezione, e v'impresse un movimento di rotazione uniforme nel medesimo spazio, e l'uno dei circoli lo fece esteriore e l'altro interiore. E il movimento del circolo esteriore destinò come movimento della natura del medesimo, e quello del circolo interiore come movimento della natura dell'altro. E quello che ha la natura del medesimo lo rivolse secondo il lato a destra, e quello della natura dell'altro, secondo la diagonale a sinistra. Ma diede la signoria al movimento del medesimo e simile, e lo lasciò uno e indiviso, mentre divise sei volte l'interiore, facendone sette circoli diseguali secondo gl'intervalli del doppio e del triplo, ch'erano tre per ciascuna parte. E a questi circoli ordinò che si movessero in senso contrario gli uni agli altri, e che tre fossero eguali per
velocità e quattro diseguali fra loro e rispetto agli altri tre, ma tutti girassero secondo ragione. Dopo che secondo la mente del creatore fu compiuta tutta la creazione dell'anima, dopo questo compose dentro di essa tutta la parte corporea, e le unì insieme accoppiandole per i loro centri. L 'anima, sparsa dal centro per tutto fino all’estremo cielo, avvolse questo tutt’intorno di fuori, e rivolgendosi in se stessa principiò un divino principio d’incessante e sapiente vita per tutto il tempo.
Platone, Timeo, VIII 34c – IX 36d, in Opere, Laterza, Roma-Bari 1986, vol. 6