Diogene Laerzio, Sesto Empirico
La conoscenza per Epicuro

Dicono che la anticipazione è un apprendimento o una opinione o un pensiero o una idea generale insita in noi, che non è poi altro se non la memoria di ciò che spesso ci si è dall’esterno mostrato. Ne è un esempio "questa tal cosa è un uomo"; quando infatti diciamo "uomo", subito, grazie all’anticipazione, ci si forma nel pensiero uno schema generale di questa realtà, per il fatto che in precedenza le sensazioni ce l’hanno mostrata. Di ogni nome, in tal modo, è chiaro subito il significato; né potremmo mai far ricerca su niente se non ne avessimo già avuto esperienza; per poterci domandare: "quello laggiù è un cavallo o un bue?" dobbiamo conoscere per anticipazione la forma del cavallo e del bue. Né potremmo mai nominare alcuna cosa, se non ne conoscessimo già prima per anticipazione i caratteri. Le anticipazioni dunque sono conoscenze evidenti. Ciò che si opina dipende da una precedente conoscenza evidente, riferendoci alla quale possiamo a esempio chiederci: "donde sappiamo che questo è un uomo?" L’opinione è anche da loro chiamata congettura, e ritengono che possa essere vera o falsa; se riceve conferma o non riceve smentita è vera; falsa invece se non riceve conferma o riceve smentita. Perciò hanno introdotto l’espressione: "ciò che attende conferma"; per esempio il sospendere il giudizio nell’attesa, e intanto avvicinarsi alla torre, e apprendere come essa realmente sia da vicino.

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, X, 33-34, in Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, p. 295


Niente vi è che possa confutare una sensazione: non può una sensazione omogenea confutarne un’altra perché entrambe hanno lo stesso valore, né lo può una eterogenea, perché il loro giudizio non verte sullo stesso oggetto; né il ragionamento, perché ogni ragionamento dipende dalle sensazioni; né infine l’una può confutare l’altra, poiché a tutte ci atteniamo. Il solo fatto che la sensazione sia qualcosa di esistente è garanzia della veracità dei sensi. È un fatto reale che noi vediamo e udiamo, così come che soffriamo. Perciò, anche per la conoscenza di ciò che non cade sotto i sensi, dobbiamo fare illazioni sulla base dei dati dell’esperienza. Tutti i pensieri, infatti, si sono generati dalle sensazioni, per un processo di incidenza, di analogia, di somiglianza, di unione, con una certa collaborazione del ragionamento. Sono vere anche le visioni dei pazzi, e anche "le visioni" che abbiamo in sogno; producono infatti una percezione; ma ciò che non esiste non può produrre niente.

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, X, 31-32, in Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, p. 294


Dunque per Epicuro le opinioni sono alcune vere altre false; vere quelle confermate o non smentite dall’evidenza, false quelle smentite o non confermate dall’evidenza. La conferma è l’atto di comprendere con evidenza che l’oggetto dell’opinione corrisponde all’opinione stessa; per esempio, mentre Platone viene di lontano, io mi raffiguro e rappresento nell’opinione, a distanza, che quello sia proprio Platone; nel tempo in cui si avvicina, si rafforza la mia opinione che quello sia effettivamente Platone; quando poi ogni distanza è venuta meno, essa riceve piena conferma dall’evidenza. La non smentita consiste nella coerenza con i dati dell’esperienza quando l’oggetto dell’opinare non sia attingibile dai sensi; per esempio Epicuro, affermando che esiste il vuoto, ch’è di per sé inattingibile ai sensi, apporta come prova un fatto di natura evidente, il movimento: non essendovi il vuoto non potrebbe esserci neanche il movimento, non avendo il corpo in movimento un luogo in cui effettuare il suo spostamento dal momento che tutto lo spazio sarebbe pieno e compatto; cosicché il dato dell’esperienza che attesta esserci il movimento non contraddice all’opinione circa l’oggetto che sfugge alla sensazione.
La smentita è l’opposto della non smentita; essa è la confutazione che l’esperienza sensibile dà all’opinione circa un oggetto che non cade sotto i sensi, così, per esempio, gli stoici affermano che il vuoto non esiste, perché lo ritengono cosa che non cade sotto i sensi: ora, una ipotesi del genere contrasta con l’esperienza sensibile, che è in questo caso il movimento: perché, come si è detto prima, non essendovi il vuoto, di necessità non potrebbe esistere neanche il movimento. Così anche la non conferma è l’opposto della conferma: essa consiste nel sottomettere alla prova dell’evidenza il fatto che l’opinato non sia quale era apparso in precedenza, come per esempio se, quando qualcuno viene di lontano, a distanza facciamo l’ipotesi che sia Platone, ma poi, venuta meno ogni distanza, ci appare con evidenza che non si tratta di Platone. Un simile fatto si chiama, appunto, non conferma, perché l’opinato non è stato confermato dalla sensazione. In base a tutto questo si può dire che la conferma e la non smentita sono il criterio della verità, la non conferma e la smentita il criterio della non verità; e l’evidenza base e fondamento di tutto.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 211-16, in Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, pp. 300-1


Dopo di ciò, bisogna considerare, rifacendoci sempre alle sensazioni e alle affezioni, come l’anima sia un corpo sottile, sparso per tutto il composto, assai simile a un soffio e avente in sé, una certa mistura di calore, per un verso quindi simile all’uno e per un verso all’altro; e c’è poi in essa una parte che per la sua estrema sottigliezza si differenzia anche da questi elementi, e per questo si trova in una particolare connessione col resto dell’organismo. Provano ciò le capacità dell’anima e le sue affezioni, i moti e i pensieri, e tutte quelle facoltà la cui privazione cessiamo di vivere.

Epistola a Erodoto, 63, in Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, p. 170

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