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Bisogna, ora, in primo luogo dire perché la natura è una delle cause finali; poi bisogna trattare del modo come la necessità si inserisca nelle cose naturali, giacché tutti si riportano ad essa come causa e asseriscono che, poiché il caldo e il freddo e ciascuna di simili cose sono tali per natura, tutte queste cose esistono e si generano per necessità. E, invero, anche quando adducano un’altra causa, ne fanno cenno appena e poi la lasciano andare, come quelli che parlano dell’amore e dell’odio ovvero della mente.
Ma nasce un dubbio: che cosa vieta che la natura agisca senza alcun fine e non in vista del meglio, bensì come piove Zeus, non per far crescere il frumento, ma per necessità (difatti ciò ha evaporato, deve raffreddarsi e, una volta raffreddato, diventa acqua e scende giù: e che il frumento cresca quando questo avviene, è un fatto accidentale)? E, parimenti, quando il grano, poniamo, si guasta sull’aia, non ha piovuto per questo fine, cioè affinché esso si guastasse, ma questo è accaduto per accidente. E, quindi, nulla vieta che questo stato di cose si verifichi anche nelle parti degli esseri viventi e che, ad esempio, per necessità i denti incisivi nascano acuti e adatti a tagliare, quelli molari, invece, piatti e utili a masticare il cibo; ma che tutto questo avvenga non per tali fini, bensì per accidente. E così pure delle altre parti in cui sembra esserci la causa finale. E, pertanto, quegli esseri, in cui tutto si è prodotto accidentalmente, ma allo stesso modo che se si fosse prodotto in vista di un fine, si sono conservati per il fatto che per caso sono risultati costituiti in modo opportuno; quanti altri, invece, non sono in tale situazione, si sono perduti o si van perdendo, come quei buoi dalla “faccia umana” di cui parla Empedocle.
Questo, o su per giù questo, è il ragionamento che potrebbe metterci in imbarazzo: ma è impossibile che la cosa stia così. Infatti, le cose ora citate e tutte quelle che sono per natura, si generano in questo modo o sempre o per lo più, mentre ciò non si verifica per le cose fortuite e casuali. Difatti, pare che non fortuitamente né a caso piova spesso durante l’inverno; ma sotto la canicola, sì; né che ci sia calura sotto la canicola; ma in inverno, sì. Dal momento che, dunque, tali cose sembrano generarsi o per fortuita coincidenza o in virtù di una causa finale, se non è possibile che esse avvengano né per fortuita coincidenza né per caso, allora avverranno in vista di un fine. Ma tutte le cose di tal genere sono sempre conformi a natura, come ammettono anche i meccanicisti. Dunque, nelle cose che in natura sono generate ed esistono, c’è una causa finale.
Inoltre, in tutte le cose che hanno un fine, in virtù di questo si fanno alcune cose prima, altre dopo. Quindi, come una cosa è fatta, così essa è disposta per natura e, per converso, come è disposta per natura, così è fatta, purché non vi sia qualche impaccio. Ma essa è fatta per un fine; dunque per natura è disposta ad un tale fine. Ad esempio: se la casa facesse parte dei prodotti naturali, sarebbe generata con le stesse caratteristiche con le quali è ora prodotta dall’arte; e se le cose naturali fossero generate non solo per natura, ma anche per arte, esse sarebbero prodotte allo stesso modo di come lo sono per natura. Ché l’una cosa ha come fine l’altra.
Insomma: alcune cose che la natura è incapace di effettuare, l’arte le compie; altre, invece, le imita. E se, dunque, le cose artificiali hanno una causa finale, è chiaro che è così anche per le cose naturali: infatti, il prima e il poi si trovano in rapporto reciproco alla stessa guisa tanto nelle cose artificiali quanto in quelle naturali.
Ma in particolar modo ciò è manifesto negli altri animali che non agiscono né per arte né per ricerca né per volontà: tanto che alcuni si chiedono se alcuni di essi, come i ragni e le formiche e altri di tal genere, lavorino con la mente o con qualche altro organo. E per chi procede così gradatamente, anche nelle piante appare che le cose utili sono prodotte per il fine, come le foglie per proteggere il frutto. Se, dunque, secondo natura e in vista di un fine la rondine crea il suo nido, e il ragno la tela, e le piante mettono le foglie per i frutti, e le radici non su ma giù per il nutrimento, è evidente che tale causa è appunto nelle cose che sono generate ed esistono per natura.
E poiché la natura è duplice, cioè come materia e come forma, e poiché quest’ultima è il fine e tutto il resto è in virtù del fine, questa sarà anche la causa, anzi la causa finale.
Aristotele, Fisica, II, 198 b 10 -199 b 32, trad. it. Aristotele, Opere, vol. 3°, Laterza, Roma-Bari 1973, pp. 44-47