Sesto Empirico
Rappresentazione e opinione in Epicuro

Epicuro, di quelle due cose strettamente congiunte fra loro che sono la rappresentazione e l'opinione, dice che la rappresentazione, che chiama anche evidenza, è in ogni caso vera. Cosi come le affezioni primarie, il piacere e il dolore, derivano da qualcosa che le produce e sono corrispondenti a questo, il piacere da ciò ch'è piacevole, il dolore da ciò ch'è doloroso, e non è possibile che ciò che produce il dolore non sia doloroso, ma necessariamente, di loro natura, l'una e l'altra cosa devono essere tali, così, anche per quelle affezioni a noi proprie che sono le rappresentazioni, è necessario che in ogni caso sussista l'oggetto della rappresentazione stessa, che le produce, e questo oggetto non potrebbe causare la rappresentazione in quella data forma se non fosse in tutto e per tutto tale quale ci appare. La stessa cosa si può arguire a proposito di tutte le altre rappresentazioni prese singolarmente. L'oggetto della visione non solo dà lungo a questa, ma è tale quale ad essa appare; l'oggetto dell'audizione non solo dà luogo a questa, ma è tale quale si presenta ad essa, nella sua vera realtà; e così per tutte le altre conoscenze. Tutte le rappresentazioni dunque sono vere, e ben a ragione: se infatti una rappresentazione può dirsi vera, ragionano gli Epicurei, quando provenga da ciò che sussiste di fatto e corrisponda a questo qualcosa che sussiste di fatto, ed ogni rappresentazione proviene effettivamente da qualcosa di realmente sussistente e corrisponde a questo, ne consegue necessariamente che ogni sensazione è vera. Ma succede che alcuni siano tratti in inganno dalla differenza intercorrente fra le rappresentazioni che appaiono derivare da uno stesso oggetto dei sensi; dall'oggetto, per esempio, della vista, per cui questo appare di volta in volta o di altro colore, o di altra forma, o diverso in un qualsiasi altro modo; e così siano indotti a ritenere che di queste rappresentazioni così differenti o addirittura contrastanti fra loro alcune debbano essere vere ed altre, contrarie alle prime, false. Ora, questo è ingenuo, ed è proprio di chi non riesce a cogliere la vera natura delle cose. Per esempio, per attenersi semplicemente alle rappresentazioni visive, non tutto il corpo solido è visibile, ma solo la sua superficie colorata. E del colore una parte è pertinente al corpo stesso, come avviene nel caso che l'osservazione si compia da vicino o da una non grande distanza; parte è fuori di esso e posto nello spazio che lo circonda, come risulta se guardiamo il corpo da grande distanza; questo, mutandosi nello spazio interposto e assumendo una configurazione propria, è a noi causa di una rappresentazione corrispondente a quello ch'esso è nell'effettiva realtà. E così come non si avverte il suono della voce né entro il bronzo percosso né nella bocca di colui che grida, ma solo quando sia pervenuta alla nostra sensazione, e nessuno peraltro dice che è falsa la sensazione della voce resa tenue per la lontananza, così non si potrebbe dire falsa la visione per cui una torre, per la grande distanza, ci appaia piccola e rotonda, mentre da vicino è grande e quadrata, ma si dovrà dire, al contrario, ch'è vera perché quando ad essa l'oggetto della sensazione appare piccolo e di una certa forma esso è in realtà così, per il fatto che, a causa del passaggio attraverso l'aria, i contorni dei simulacri hanno subito una riduzione; e quando appare grande e di un'altra forma, anche allora è in realtà così. Non già che in ambedue i casi l'oggetto sia uguale; questo infatti è proprio dell'opinione distorta, che l'oggetto percepito da vicino e da lontano sia esattamente lo stesso. La sensazione deve limitarsi a cogliere ciò ch'è presente e la muove, il colore per esempio; non deve giudicare se altro sia l'oggetto posto in un certo luogo, altro l'oggetto posto in un altro.
Perciò le rappresentazioni sono tutte vere; (le opinioni invece non lo sono tutte, ma differiscono fra loro, e di esse alcune sono vere, altre false. Poiché abbiamo la facoltà di poter giudicare le nostre rappresentazioni, ci accade di giudicarne alcune rettamente e altre no, sia perché aggiungiamo ad esse e attribuiamo loro qualcosa di non pertinente, sia perché detraiamo ad esse qualcosa, e in generale perché interpretiamo erroneamente la sensazione, che dì per sé è irrazionale.

Sesto Empirico, Contro i matematici, VII, 203-211, traduzione in Epicuro, Opere, a cura di M. Isnardi Parente, UTET 1983

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