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Diciamo, ricominciando da capo, e dato che ogni conoscenza e scelta tende a un qualche tipo di bene, qual è quel bene che noi sosteniamo essere ciò che la politica persegue, cioè qual è il bene pratico più alto. Ora, per quanto riguarda il nome vi è un accordo quasi completo nella maggioranza: sia la massa che le persone raffinate dicono che si chiama 'felicità', e credono che vivere bene e avere successo siano la stessa cosa che essere felici. Ma su cosa sia la felicità, vi è disaccordo, e la massa non la intende nello stesso modo dei sapienti, dato che i primi credono che sia qualcosa di tangibile ed evidente, come piacere, ricchezza o onore, e altri altro; spesso poi lo stesso individuo la pensa diversamente: quando è malato, pensa che sia la salute, quando è povero, che sia la ricchezza. Vedendo poi la propria ignoranza, la gente ascolta ammirata quelli che fanno discorsi grandiosi, e al di sopra del suo livello; alcuni hanno ritenuto che, al di là di tutti questi molteplici beni, vi sia qualcosa che è bene per se ed è causa dell'essere tali, per tutti questi altri beni. Ora, esaminare tutte le opinioni è, forse, abbastanza inutile; ci basterà esaminare le più diffuse, o quelle che sembrano avere argomenti in loro favore.
Non ci sfugga il fatto che sono diversi tra loro i ragionamenti che procedono dai principi e quelli che risalgono verso i principi. Bene infatti fece Platone a essere in dubbio su questo punto, quando si chiese se l'indagine parte dai principi o risale verso i principi: è come chiedersi se nella corsa a piedi si vada dai giudici di gara al traguardo o viceversa. Infatti bisogna partire da ciò che è noto, ma questo ha due sensi: ciò che è noto per noi e ciò che è noto in assoluto; è probabile quindi che noi si debba partire da ciò che è noto a noi. Per questo motivo deve essere stato educato ad abitudini buone colui che si prepara a recepire in modo adeguato le lezioni sul bello, sul bene e in generale sugli oggetti della politica. Principio, difatti, è il che: e se in questi oggetti apparirà sufficientemente chiaro, non vi sarà bisogno del perché. Un individuo di questo tipo o possiede i principi o li può acquisire con facilità; chi invece non rientra in nessuno dei due casi, ascolti il detto di Esiodo:
Il migliore di tutti è colui che sa tutto da solo
buono anche colui che ascolta chi parla bene
ma chi nulla conosce, né ascoltando gli altri
fa tesoro nel cuore, è uomo da nulla.
(Esiodo, Opere e giorni, 291-295)
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Noi invece riprendiamo da dove abbiamo deviato. Infatti non senza ragione, a quanto pare, la gente giudica cosa siano il bene e la felicità a partire dai modi di vivere. La massa e le persone più volgari giudicano che il bene e la felicità consistono nel piacere, e perciò amano la vita dissoluta - infatti sono tre, soprattutto, i principali modi di vivere, quello appena detto, quello politico e terzo quello teoretico. Ora, la massa mostra chiaramente di essere in tutto simile agli schiavi, dato che preferisce una vita animalesca, ma trova un argomento in sua difesa, per il fatto che molti uomini potenti hanno sentimenti simili a quelli di un Sardanapalo.
Invece le persone raffinate e attive identificano la felicità con l'onore. Infatti questo è, più o meno, il fine della vita politica, però è evidente che anche questo fine è troppo superficiale per essere il bene che stiamo cercando, infatti pare che risieda in chi rende onore, piuttosto che in chi è onorato, mentre noi sentiamo che il bene è qualcosa di personale e di difficile da perdere. Di più, a quanto sembra, costoro perseguono l'onore al fine di persuadere se stessi del proprio valore; quanto meno, cercano di essere stimati dai saggi e da coloro che li conoscono, e per le loro virtù: è chiaro, allora, che per loro la virtù è superiore all'onore.
Forse uno potrebbe anche credere che la virtù sia il fine della vita politica, ma anch'essa, evidentemente, è troppo incompleta: infatti sembra anche possibile che chi possiede la virtù dorma, o resti inattivo per tutta la sua vita, o, di più, che soffra di mali e incorra in gravissime disgrazie. Nessuno direbbe felice chi vive una vita di questo tipo, se non per difendere una tesi preconcetta. Su ciò basta, abbiamo parlato a sufficienza di questi argomenti nelle opere pubblicate. Il terzo modo di vivere è quello teoretico, che sottoporremo più avanti a esame. Invece chi si dedica al guadagno è sottoposto, in un certo senso, a costrizione, ed è chiaro che la ricchezza non è il bene che cerchiamo, infatti è uno strumento utile e che serve un fine diverso da sé. Da questo punto di vista uno potrebbe credere piuttosto che i fini sopra elencati siano il bene cercato, infatti sono amati per se stessi; ma è evidente che nemmeno quelli lo sono, e molti argomenti sono stati avanzati contro di loro.
Aristotele, Etica Nicomachea, I 1095a 14-1096a 10, trad. it. di C. Natali, Laterza, Roma-Bari 1999, pp. 6-11